Il lavoro, il Mezzogiorno, il Sud e lo stallo dell’Italia [Parte 3]

Una delle considerazioni che voglio fare è su cosa è cambiato nel rapporto tra Nord e Sud. Rammento che tanto tempo i beneficiari di aiuti pubblici furono definiti ironicamente da Luigi Einaudi “trivellatori” considerando che questi anziché trivellare le miniere, trivellavano le casse dello Stato. Non succede forse la stessa cosa oggi? Quello che però mi sembra grave oggi è che il Nord stia proseguendo per conto suo annettendo in qualche modo il Sud anche politicamente e non so se tutti ne siano consapevoli. E di nuovo il Sud sta rispondendo con una accelerazione dell’emigrazione, giovanile e non solo, e con il trasformismo più becero. Solo in un caso le due parti dell’Italia sono molto più vicine di quel che sembra. Basta guardare ai consumi e se calano questi al Sud, così come sta succedendo, allora ci saranno ulteriori mutamenti in negativo.

E allora sarebbe interessante capire chi nel Mezzogiorno sia stato più colpito da questi mutamenti. Non è semplice dare una risposta ma è certo che la fascia più colpita sa stata quella fascia ristretta di occupati con buon reddito sicuro che adesso si è trovata insieme a tutta quella vasta platea di popolazione vulnerabile che circola tra occupazione a rischio, lavoro precario, mala occupazione e disoccupazione che comporta una destabilizzazione della società meridionale perché dopo decenni sta intaccando i ceti medi. Ed è proprio qui che stanno avvenendo i mutamenti più radicali e sconvolgenti ed è questo che comincerà a garantire ancora meno chi è già debole. Mi domando: cosa accadrà quando il circuito della solidarietà familiare comincerà a spezzarsi per motivi fisiologici? Basta attendere, non vi è altra risposta.

Questa situazione ha prodotto quelli che possiamo considerare in qualche modo degli orfani: quelli della grande fabbrica, del proprio tempo libero dei grandi numeri, delle grandi piazze piene di gente, orfani di punti di riferimento che non ci sono più, orfani di valori validi per tutti quali libertà, dignità, etica, civismo. E anche in questo caso non dico niente di nuovo e per sgomberare ogni dubbio sottolineo che non mi considero un nostalgico, anzi. Ritengo invece che si debbano affrontare le questioni fondamentalmente in due punti. Uno: le Istituzioni, la politica e un sindacalismo partecipato, che devono in qualche modo seguire la vita reale delle persone e prima si prenderà atto di questa divaricazione meglio sarà. Due: riprendere la prospettiva della costruzione del futuro per un diverso sviluppo che non guardi solo al presente con concetti quali l’equità, la redistribuzione etc. ma si concentri sulla costruzione di un mondo nuovo mettendo in campo e imponendo un rinnovato concetto di contemporaneità, con nuovi tempi e nuovi modi, che modifichi i tempi delle decisioni e che sappia anche modificarsi continuamente.

Mimmo Oliva

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