Società e Istruzione: il problema dell’edilizia scolastica
Scrivere una serie di articoli sull’edilizia scolastica si rende necessario, a parere dello scrivente, per cercare di diffondere il più possibile un concetto basilare: l’applicazione della norma tecnica deve essere il riferimento per guidarci nella realizzazione degli ambienti scolastici e rendere più sicuri le attività correlate.
L’obiettivo è cercare di trasmettere l’opinione che, nell’edilizia in generale, la semplice applicazione delle leggi porti a un beneficio per l’intera comunità ed è l’unica difesa contro la speculazione del territorio che associa, erroneamente, la parola edilizia a “cementificazione selvaggia”. Il rispetto delle regole, esistenti e ben costruite, consentirebbe il tanto decantato sviluppo sostenibile che noi cittadini da tempo invochiamo e, oramai, quasi elemosiniamo.
Si cercherà di affrontare il problema da un’altra ottica, cercando di rispondere alle seguenti domande: siamo sicuri che il nostro patrimonio di edilizia scolastica rispetti tutte le normative del settore? Gli edifici, in cui studiano i nostri figli e si preparano alla vita le generazioni del domani, hanno quel livello di sicurezza tale da garantire l’incolumità degli occupanti? A queste e altre domande proveremo a dare delle risposte, per quanto possibile, cercando di sintetizzare e rendere più chiaro possibile un argomento estremamente tecnico.
Cominciamo col capire quali sono i riferimenti normativi che regolano il settore:
– DM 18.12.1975, “Norme tecniche sull’edilizia scolastica e gli indici minimi di funzionalità didattica, edilizia e urbanistica da osservarsi”;
– DM 26.08.1992, “Norme di prevenzione incendi per l’edilizia scolastica”;
– DM 236/1989, “Eliminazione delle barriere architettoniche”;
– DPR 81/08, “Testo Unico sulla sicurezza”;
– DM 14.01.2008, “Testo unico per le strutture”.
Le normative, sopra elencate, governano il settore. La normativa principale, in termini di distribuzione e funzionalità edilizia, è il DM 18.12.1975. Negli anni si è pensato di aggiornare tale normativa ed è stata promulgata la legge 23/96, che all’art. 5 specifica chiaramente che le norme ufficiali restano quelle del DM 18.12.1975 fino alla promulgazione di nuove norme tecniche attuative. A tutt’oggi queste ultime non sono state emanate, ergo l’unico decreto ufficiale è il DM 18.12.1975.
In questo primo articolo parleremo unicamente di edilizia scolastica, nei successivi affronteremo il problema della sicurezza antincendio e di quella strutturale.
Il DM 18.12.1975 anche se può apparire obsoleto, parliamo di una norma di oltre 40 anni, è, in realtà, un regolamento ben fatto. Gli indici e le distribuzioni elencate, come vedremo, ruotano attorno ai veri attori: “gli alunni”. Il rispetto del decreto porta a un elevato livello di comfort per l’attività didattica. Per rendere più comprensibile la lettura faremo degli esempi pratici rivolgendoci a due scuole tipo: la prima “dell’infanzia” con 75 alunni e 3 sezioni, la seconda “primaria” con 5 classi e 125 alunni.
Occorre una prima precisazione. La normativa, soprattutto nel campo tecnico, è in continua evoluzione; ciò significherebbe che una struttura o un impianto andrebbe “adeguato” ogniqualvolta fosse introdotta una nuova normativa di settore; ovviamente ciò non è possibile. Pertanto, occorrerà adeguarsi alle nuove norme unicamente quando vi saranno specifici interventi di manutenzione straordinaria che vanno a modificare, in modo sostanziale: l’architettura, gli impianti, le strutture e la sicurezza (quest’ultima ovviamente deve essere sempre verificata indipendentemente dalla norma adottata).
In sostanza: cosa dobbiamo controllare quando immaginiamo di ristrutturare un edificio scolastico esistente o si decide di voler creare nuovi ambienti?
Cominciamo ad analizzare l’art.3 del DM 18.12.1975: “Caratteristiche generali dell’opera”. Ricordando il principio che la finalità del legislatore è di realizzare un organismo edilizio nell’esclusivo interesse dell’utenza (alunni e corpo docente), l’art. 3.4 fornisce un primo importante vincolo: “l’edificio deve essere progettato in modo che gli allievi possano agevolmente usufruire, attraverso gli spazi per la distribuzione orizzontale e verticale di tutti gli ambienti della scuola, nelle loro interazioni e articolazioni e raggiungere le aree all’aperto”. Ciò comporta, continua l’articolo del decreto, che le attività educative si svolgano:
– comma i) per la scuola materna, a diretto contatto con il terreno di gioco e attività all’aperto;
– comma ii) per la scuola elementare, su uno o due piani.
Primo importante vincolo, che ha una precisa logica tutto sommato, è che le scuole materne (oggi dell’infanzia) sono da ubicarsi a piano terra, mentre le elementari (oggi primarie) possono allocarsi anche ai piani superiori. Ma cosa accade se non avessimo spazi per collocare le scuole oppure dovessimo utilizzare strutture non previste per l’uso scolastico o sollevate dal suolo? Ci viene in aiuto la norma specificando, all’art. 3.5, che: è possibile allocare le scuole in strutture diverse o sollevate dal suolo se:
– gli accessi alla scuola sono indipendenti da tutti gli altri accessi;
– se i collegamenti verticali sono meccanici e a esclusivo utilizzo della scuola;
– se sono garantite le attività ginnico sportive.
Altro punto importante è l’art. 3.7 che impone l’utilizzo della scuola anche a persone
con minoranza fisica. Riassumendo, il solo art. 3 fornisce precise, e univoche, indicazioni. Le scuole dell’infanzia sono da ubicarsi al piano terra, le primarie anche su diversi livelli, ma il superamento delle barriere architettoniche deve essere sempre e comunque garantito. I successivi articoli, dal 3.1 in poi invece, forniscono elementi dimensionali precisi quali: aule, bagni mensa e luoghi comuni che riassumeremo brevemente nel seguito.
Nel nostro caso di esempio indichiamo gli elementi minimi, che riassumeremo in una tabella di facile comprensione, per una scuola materna da 75 alunni quindi in 3 sezioni e per un a scuola elementare da 125 alunni in 5 classi:
– Altezza minima delle aule: per ogni tipo di scuola è fissata in 3 metri;
– Nel caso della scuola materna devono essere destinati almeno 185 mq, mentre per l’elementare ne occorreranno 219 mq;
– Nella scuola materna dovranno essere posti in opera 3 vasi per ogni sezione, nel nostro caso almeno 9 (non necessita la divisione tra maschie e femmine ma possono essere promiscui); per la scuola elementare almeno 1 vaso per ogni classe, nel nostro caso minimo 5;
– Le attività didattiche devono garantire degli spazi di 2.40 mq per ogni alunno delle materne e 1.80 mq per ogni alunno delle elementari. Da qui il dimensionamento di un’au- la tipo per 25 bambini dell’infanzia occorrono almeno 60 mq.
SCUOLA MATERNA | SCUOLA ELEMENTARE | |
Altezza dei locali | 3 metri | 3 metri |
Superficie minima necessaria | 185 mq | 219 mq |
Numero minimo di vasi | 9 | 5 |
Aula tipo (in funzione dell’affollamento) | 60 mq | 45 mq |
Locali WC disponibili | 50 mq | 80 mq |
A conclusione di questo primo elemento di discussione possiamo sicuramente affermare: la scuola è un organismo edilizio considerato strategico dal legislatore. Il DM 18.12.1975 pone precisi vincoli spaziali e distributivi, nell’esclusivo interesse degli utilizzatori, che non possono essere disattesi in modo alcuno.
Francesco Saverio Minardi