Non preoccupatevi più del Mezzogiorno
L’ultimo rapporto Svimez riguardo i dati sul Sud d’Italia attesta il “rischio di sottosviluppo permanente”. E tutti a preoccuparsi – solo per qualche giorno, è ovvio – e poi?!? Solito trantran… Al rapporto della Svimez affianco quello della BCE che accerta come i prossimi venti anni saranno altrettanto tragici. Come dire, sappiate che non una generazione, ma più di una potrà, se vorrà, abbandonare il nostro Mezzogiorno. Non c’è che dire, prospettiva allettante.
Si noti bene che ho scritto preoccuparsi e non meravigliarsi. Sì, perché ci si meraviglia quando avviene qualcosa di inaspettato, improvviso, che non avevi previsto. E allora facciamoci una domanda, facile facile: se non vi è stata la possibilità di meravigliarsi allora perché non ci si è preoccupati?
Il rapporto Svimez divide in capitoli la ricerca: ampliamento della forbice del PIL tra Nord e Sud (dal 1861 è così), ennesimo calo dell’occupazione (da sempre) e dei consumi (questo è reale), il “solito” rischio povertà (e – pare – non abbiamo visto ancora nulla…), continua desertificazione industriale (è dal 1970 che va avanti) e infine si dice pure che al Sud non si fanno più figli (su questo aspetterei a fare statistiche).
Non discuto i dati semplicemente perché sono meno veri di quello che accertano. Basta allontanarsi dalle proprie comodità (per qualche minuto o volendo per qualche ora) e ci si rende immediatamente conto che la situazione è peggio di quella che viene descritta. Pessimismo? No, realismo. Pure perché nessuno osa ancora bisbigliare che bene che vada la situazione non tornerà mai come quella precedente al 2007. Diciamo che probabilmente si raggiungerà un cauto equilibrio tra un paio di decenni e questo dovrà essere oggetto delle discussioni prossime.
Perdonatemi l’ironia, preoccuparsi significa mettere al centro una questione e cercare con tutti i mezzi di risolverla, e questo di solito lo fa la politica. Ecco, la politica. Da quando essa non mette, non dico al centro dei propri ragionamenti, ma almeno in agenda il Meridione?
E mi pare giusto che il primo a rispondere sia io: uno, la politica al Sud non esiste e di conseguenza nessuno è in grado di imporre l’agenda di una metà del Paese all’altra; due, bisogna capire che mettere al centro del proprio agire “la questione morale” è fondamentale per non implodere; tre, urge una nuova classe dirigente, diversa, competente, sociale, speciale, visionaria. Proviamo a non chiedere ad altri di parlare di Mezzogiorno.
Per non sprecare i prossimi 20 anni i meridionali se la sentono di ricostruirsi? Non credo sia una passeggiata, ma l’alternativa non c’è. Né qui, né da nessun’altra parte.
Per favore, non preoccupatevi più del Mezzogiorno.
Mimmo Oliva