Il vero problema del nostro Paese? L’articolo 1 della Costituzione
Quello che avete appena letto non è un titolo provocatorio ma una semplice e banale verità. Immaginate, seppur per pochi momenti di prendere il testo costituente e leggere l’articolo 1:
«L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione».
Poi fermatevi a riverberare qualche minuto. Io l’ho fatto, ho riflettuto e sono venute fuori delle considerazioni non proprio “lucide”.
L’Italia è una Repubblica e su questo nulla osta. O meglio, dovrebbe essere una “cosa pubblica” e troppo spesso non lo è. È vero infatti che essa è una forma di governo in cui i cittadini, tutti, partecipano al potere, di solito indirettamente, per mezzo di propri rappresentanti “liberamente” eletti, (?) o “direttamente” (?). Non ridete, non è una battuta.
Democratica, e qui dipende dai punti di vista.
La Repubblica italiana è fondata sul lavoro, e qui casca l’asino. Sinceramente, io questa cosa non l’ho mai capita. Fondare (ma già il verbo… che significa?) la struttura della società sul rapporto – eventuale – tra due privati, è come voler prendersi a tutti i costi una malattia, come voler costruire una casa (molto grande) su di un ponte (molto piccolo). Assumersi rischi inutili, insomma. I rapporti di “lavoro” (?) non sono mai stati tranquilli e pacifici, d’altro canto. Dare una così grande importanza al lavoro avrebbe forse voluto gettare un faro a illuminare un aspetto molto delicato e anche controverso dello stare assieme? Beh, non l’ha fatto, evidentemente. Se la Repubblica è (af)fondata sul lavoro, il Popolo italiano ha altri valori, evidentemente… la famiglia (forse), frammenti di ideologie (almeno part time), e qualche altro interesse molto particolare. Il lavoro? Ha rappresentato soprattutto la voglia di emancipazione. Ma la realtà passa per il controllo dei mezzi di produzione, ieri come oggi. In un paese che ha perso la bussola, e la coscienza di sé, togliere da mezzo un po’ di chiacchiere e parlare di quale sia la propria visione del controllo e della gestione dei mezzi di cui sopra, potrebbe probabilmente essere un ottimo inizio.
E se proprio volessimo dirla tutta, chi parla, oggi del costo del lavoro? E non mi riferisco alla retribuzione, ovviamente. Parlo del costo sociale, o ambientale, e in generale di costi occulti del lavoro. La domanda è tanto presente, da sempre, nel dibattito di quei paesi che sono stati in grado di imporsi sul palcoscenico mondiale, quanto assente nel nostro. Oggi più che mai. In sostanza, chi ci assicura che quei pochi privilegiati che lavorano stiano contribuendo effettivamente al benessere della comunità? No, perché “il lavoro prima di tutto”, a esempio, giustifica l’inquinamento dell’ambiente, lo sfruttamento delle persone, l’esclusione di chi ha un modo di vedere differente, la precarietà, etc.
Senza questi dettagli, d’altronde, potremmo occupare il tempo diversamente. Ed è esattamente ciò che il Popolo, bue ma non fesso, sta facendo, a dispetto di soloni che vorrebbero traghettarli a tutti i costi verso la salvezza…
Può essere democratica, quindi, una Repubblica che ha messo al centro della vita dei propri cittadini, in maniera ansiogena e colpevolizzante, il lavoro? Non lo so e i dubbi stanno cominciando ad assalirmi: il lavoro così come è collocato nella nostra vita diventa la conditio sine qua non per tutto, e sottolineo tutto.
Il lavoro implica grande dispendio di energie fisiche e intellettuali per raggiungere uno scopo prefissato e in generale per procurare beni essenziali per vivere o altri tipi di beni, non solo attraverso un valore monetario acquisito da terzi quale compenso. “È un servizio utile che si rende alla società e per il quale si ottiene un compenso non sempre monetario.” Questo è quello che dice Wikipedia, e mi sono tenuto basso.
Puoi essere il peggiore degli esseri umani, e se dispendi energie fisiche e finanche intellettuali va bene lo stesso, sei bello riconosciuto, con un ruolo importante o meno non importa, con prestiti e relativi debiti va bene uguale, accettasi anche precario, insomma l’importante è poter rispondere alla domanda “che lavoro fai?”, perché tutto ti può essere perdonato ma non dare una risposta adeguata alla domanda posta, nemmeno se vivi di rendita, no, non si può. E allora immagino che forse aveva ragione quel costituente che voleva riformulare l’articolo 1 con “l’Italia è una Repubblica democratica fondata sulla Madonna”. La proposta come avrete ben compreso non passò. Anche se la scusa fu che Repubblica e democratica non andavano bene con Madonna.
Mimmo Oliva e Peppe Sorrentino