Aliberti “A colloquio con il territorio” dopo la burrasca: «Mia moglie canta “Bella ciao”»
«Sono ancora qua» sembra proferire con un tono soddisfatto il sindaco di Scafati, Pasquale Aliberti. Una citazione presa in prestito dalla musica, ma che ben si sposa con le recenti affermazioni del primo cittadino scafatese. Lieto di essere uscito “vincente” e soprattutto indenne dalle indagini relative ai fatti del 18 settembre, quando si è trovato a fare i conti con le ipotesi di reato sul voto di scambio politico elettorale di stampo mafioso, insieme alla moglie Monica Paolino, consigliere regionale e presidente della Commissione antimafia in Consiglio regionale. A distanza di quattro mesi, e dopo diversi colpi di scena riguardanti presunte dimissioni, Aliberti siede stabilmente sulla poltrona di amministratore della città di Scafati.
Signor sindaco, qual è lo scenario attuale? Come uomo politico e Sindaco della città di Scafati.
«La situazione attualmente è piuttosto chiara. La vicenda dello scorso 18 settembre mi ha sicuramente segnato nel profondo. Ma l’indagine che mi è stata fatta, e che è tuttora in corso, è un’indagine che si basa esclusivamente su dichiarazioni rese. In effetti non esiste un fatto per cui io sono indagato. Nella mia vita di uomo politico ho affrontato indagini a 360°, e mi sento serenamente di dire che una cosa è essere indagati, un’altra cosa è essere condannati. E, nel mio caso specifico, non siamo nemmeno davanti a un rinvio a giudizio. Questo sicuramente è uno dei motivi per il quale sono tuttora il primo cittadino di Scafati».
In corso di indagine sembrava invece fosse sulla via delle dimissioni.
«Sono stato attaccato in tutti i modi e in modo feroce dai miei avversari politici, e soprattutto è stata detta la qualunque sul mio conto. Motivo per il quale a un certo punto ho ritenuto fosse giusto andare alle elezioni, ridare quantomeno la parola dei cittadini che mi avevano votato per ben due volte, avere la possibilità di essere giudicato dai miei elettori. Il mio è stato un atto di coraggio e di civiltà».
Cosa è successo, allora?
«È stata la stessa opposizione che mi ha ferocemente attaccato ad aver poi rinunciato ad andare al voto, non firmando la sfiducia nei miei confronti. I motivi di certo non li posso constatare, ma facilmente immaginare. Io credo molto semplicemente che in campo politico la dignità sia fondamentale. È facile attaccare per poi scappare senza confrontarsi con la città. A ogni modo dopo la vicenda giudiziaria per me non è cambiato nulla, e la città me lo ha dimostrato. La mia prospettiva è quella di completare il mandato e di lasciare un segno ancora più indelebile e rilevante di quello che abbiamo già consegnato».
Pare dunque di capire che la città di Scafati “ama” il suo sindaco e la famiglia Aliberti tutta.
«La mia non è propriamente una delle famiglie più importanti della città. Anzi, è una famiglia normale, che nasce dal nulla, i miei genitori sono stati insegnanti. Il nonno di mia moglie è stato sindaco di sinistra, e anche mia moglie quando l’ho conosciuta, era di sinistra. È stata candidata nei DS. È una che canta “Bella ciao”. Poi spinta anche da me si è iscritta in Forza Italia».
E lei, invece, come uomo politico quando “nasce”?
«Le mie radici sono molto variegate invece. Non posso definirmi totalmente un uomo di destra poiché su certi temi tendo molto di più a sinistra. Mio padre è stato consigliere comunale nel Partito Comunista e sono sempre stato appassionato di politica. Nasco come politico nel ’94, quando ormai i partiti erano stati annientati. La mia scelta di schierarmi con Forza Italia non fu dettata da una ideologia, più che altro era legata al cambiamento che la figura di Berlusconi rappresentava. Il mio, poi, restare nel partito è stata una preferenza chiaramente di coerenza. La politica deve mandare segnali chiari e positivi, e l’esser coerenti è uno di questi».
Come primo cittadino di Scafati, su cosa pone le basi la sua attività amministrativa?
«La mia amministrazione, da quando sono stato eletto la prima volta nel 2008, si è sempre incentrata su lavori pubblici e politiche sociali. Il nostro impegno ha fatto sì che riuscissimo a carpire molti dei fondi europei stanziati ai comuni. Ma non per questo sono stato esiliato da critiche e accuse. L’ultima polemica è relativa alla realizzazione di un Polo Scolastico a Scafati. Le nostre posizioni non sono del tutto complete, l’interessamento c’è ma dobbiamo valutare bene come investire i fondi che ci sono stati concessi».
Per finire, uno sguardo alle aree limitrofe partendo proprio da Scafati. Quali sono, secondo lei, le criticità che interessano le zone dell’agro e quali invece i punti di accomunamento?
«Le criticità posso essere molte. Io, come sindaco, credo che un buon amministratore debba avere ben chiara una figura di insieme con i comuni limitrofi. Io sono uno dei sindaci che, sulla vicenda Agro, crede fortemente si possa costruire un’unica città metropolitana, pur permettendo a ogni comunità di mantenere la propria identità. Bisogna certamente affrontare i giusti temi, come la viabilità e i piani di insediamento produttivo. Questo permetterebbe di avere più possibilità e soprattutto di costruire uno nuovo sviluppo».
Ha qualche idea specifica?
«Cogliere le opportunità che ci vengono date tramite i fondi europei. Reinvestire nelle piccole e medie imprese che stanno scappando dalle nostre realtà e distribuire occasioni. Se ancora non si è riusciti a ragionarne a un tavolo comune, la colpa è dei partiti. Se da sindaco mi chiudessi nella mia realtà, senza confrontarmi con quelle vicine, per salvaguardare la mia posizione allora il territorio perderebbe. Anzi, in tutti questi anni, il territorio ha perso».
Fedora Alessia Occhipinti