Grande Nocera, perché se ne parla

Il tema della “Grande Nocera”, ossia della riunificazione delle due parti della città che furono divise a metà del XIX secolo, non ha mai abbandonato il dibattito politico nocerino, restando magari sottotraccia e riaffiorando periodicamente come sta accadendo proprio in questi mesi. Il dato storico ci dice che una divisione di 170 anni, a fronte delle migliaia di anni in cui la città è stata una sola, dovrebbe far propendere l’opinione pubblica, senza particolari tentennamenti, verso la scelta della fusione dei Comuni di Nocera Inferiore e Nocera Superiore. Tuttavia, nei 170 anni di divisione, c’è stato un mutamento delle condizioni di vita sociale, politiche, economiche e urbanistiche delle due città che non trova riscontro nei secoli precedenti e che ha contribuito a stratificare nella mente di molti nocerini l’idea che i due Comuni abbiano ciascuno una propria identità differente da quella del confinante Comune omonimo. Nella quotidianità questa presunta diversa identità si annulla: la contiguità territoriale, i molti servizi condivisi, il patrimonio storico che dall’epoca preromana arriva a quella moderna e attraversa le due città e, perché no, la passione per gli stessi colori sportivi, rendono la divisione amministrativa molto spesso un mero dato burocratico. L’idea di fusione delle due Nocera torna prepotentemente di attualità in questo momento storico anche perché la legislazione tende a favorire questa eventualità: basti pensare che attualmente è previsto un incentivo per dieci anni proporzionale ai bilanci dei Comuni che si accorpano e che, nel caso della Grande Nocera, può essere quantificato nel massimo previsto dalla legge, ossia in circa due milioni di euro annui. Va considerato che il solo beneficio statale, seppur sicuramente incentivante, non può essere l’unico parametro di valutazione in una diatriba dai risvolti tanto importanti. Le scelte sul futuro di due comunità, dei rispettivi territori, non possono essere effettuate utilizzando come unico discriminante il beneficio economico che ne deriverebbe in termini di contributi statali, nonostante sicuramente considerevole. Bisogna capire se, partendo dalla situazione attuale, è possibile davvero creare una nuova città, che non sia semplicemente la somma dei due comuni precedenti, dei loro problemi e delle rispettive criticità. Perché, se così fosse, significherebbe aver attribuito un prezzo all’identità, se non alla dignità del popolo nocerino: venti milioni di euro in dieci anni per rinunciare alla reciproca “autonomia” per sempre. Ci conforta il fatto che la “questione nocerina” è sempre stata presente nel dibattito cittadino, ben prima della previsione degli incentivi puramente finanziari: questo dimostra che è una discussione che affonda le sue radici nell’orgoglio del senso di appartenenza a una comunità, un orgoglio forse mortificato senza una chiara motivazione, ma che riesce ancora a entusiasmare. In questo senso è addirittura doveroso ricercare le motivazioni, capirle, analizzarle alla luce dell’insegnamento e dell’esperienza storica, ma non senza cercare, con un pizzico di coraggio e con buone doti di lungimiranza, di rimodularle con una chiave di lettura posta in visione prospettica. Certamente su un primo punto è obbligatorio porsi in una posizione intransigente: la fusione può essere auspicata solo ed esclusivamente se in grado di apportare prospettive di miglioramento in ogni settore del vivere sociale: dal rispetto per l’ambiente alla qualità dei servizi per i giovani, le famiglie, gli anziani; dalle attività culturali, ludiche e sportive alle attività produttive; dai servizi sociali, alle scuole e ai trasporti. Questo ci riconduce al secondo punto da tenere bene in considerazione: il vantaggio sociale non può essere considerato nel solo valore assoluto, non basta realizzare un risultato complessivo che, seppur positivo, sia percepito da una parte della popolazione e non da un’altra. È imprescindibile ragionare in termini di utilità sociale diffusa e non accontentarsi della logica “meglio di niente”. Non si può negare che la possibilità di fusione tra due realtà territoriali contigue, con una identità storica comune, possa essere una buona possibilità per un rilancio dell’intera città, che nel caso specifico di Nocera, potrebbe assumere addirittura, con un pizzico di sano campanilismo, i contorni di una vera opportunità di riscatto; ma occorre prendere consapevolezza del fatto che, come in tutti i processi di cambiamento, ci sono concreti rischi di insuccesso. Il buon senso insegna che più si studia e si conosce il rischio, più si riesce a comporre la migliore strategia per evitarlo, o quanto meno, affrontarlo. Rispetto al passato occorre mutare l’impostazione del dibattito, evitare che resti confinato esclusivamente nella sfera politica dove rischia di diventare strumento della contesa partitica a discapito di una valutazione “laica” di costi e benefici, di vantaggi e svantaggi della fusione. È quindi opportuno che la discussione cominci dal basso, coinvolgendo associazioni e cittadini delle due comunità nocerine che, attraverso le forme ritenute più opportune, provino a immaginare un futuro comune. Sarà inevitabile a quel punto che anche la classe politica, trasversalmente, si occupi concretamente del tema, magari istituendo delle commissioni di studio miste tra le due amministrazioni o i due consessi consiliari. L’obiettivo si può definire, senza paura di essere retorici, storico. E proprio per questo non può essere confinato nel dibattito tra forze politiche che, per sua natura, ha un orizzonte molto limitato nel tempo, oltre che giustamente limitato alle problematiche cittadine più contingenti. Le condizioni politiche mutano rapidamente, il tema della fusione invece riguarda il destino del nostro territorio e soprattutto dei nocerini che continueranno ad abitarlo per i secoli a venire. Se quindi si vuole davvero affrontare il tema della fusione delle due Nocera, occorrerà far capire che si parla di un accadimento che porterà le sue conseguenze non tanto nell’immediato e neppure a breve scadenza, quanto piuttosto in un arco temporale molto lungo. La sfida è quindi delineata chiaramente: vedremo nei prossimi mesi se i nocerini vorranno accettarla e sapranno davvero fare la “Storia” della propria comunità.

Marcella de Angelis

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