Quando De Gasperi volle la “legge truffa”

L’8 luglio 1952, Alcide De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri, in una intervista “Il Messaggero” afferma che occorre costruire uno “Stato forte” e una “democrazia protetta”. Avanza, fra l’altro, la proposta di una nuova legge elettorale per l’elezione della Camera dei deputati. Il 18 ottobre 1952, il Consiglio dei Ministri, dopo un vivo dibattito tra i partiti della maggioranza, approva lo schema della nuova legge elettorale. I partiti minori ottengono il mantenimento di una quota proporzionale. Ma il disegno di legge prevede 385 seggi (pari al 65,3%) da assegnare al gruppo dei partiti apparentati che ottenga almeno il 50,01% dei voti validi, i rimanenti 204 andranno divisi tra gli altri partiti. Il 4 dicembre 1952, si verificano gravi disordini alla Camera dove si discute la nuova legge elettorale, frutto di un accordo definitivo tra DC, PSDI, PLI e PRI, che stabiliva il premio di maggioranza a 380 seggi (pari al 64,5%).

Il 12 dicembre 1952, l’onorevole Pietro Calamandrei interviene alla Camera, a nome di sette deputati socialdemocratici, manifestando netta opposizione contro la legge elettorale, che definisce una “truffa”. Dopo vari tentativi di bloccare l’iter parlamentare di approvazione della nuova legge elettorale, il 4 gennaio 1953, De Gasperi pone la questione di fiducia alla Camera. Il 21 gennaio 1953, dopo una seduta di oltre 70 ore, la Camera approva la nuova legge elettorale con 332 sì e 17 no: al momento del voto l’opposizione di sinistra abbandona l’Aula per manifestare il proprio dissenso.

Il 29 gennaio 1953, tra le forti proteste delle opposizioni, il Presidente chiude d’autorità la discussione dopo una lunga seduta di 77 ore e 50 minuti e dà inizio alle votazioni: il Senato approva la nuova legge elettorale con 174 voti favorevoli e 3 astenuti; le opposizioni di sinistra lasciano l’aula del Senato per protesta. La CGIL proclama uno sciopero generale. La legge elettorale viene promulgata dal Presidente della Repubblica Luigi Einaudi il 31 gennaio 1953.

Il 4 aprile la Camera e il Senato sono sciolte dal Presidente della Repubblica, dietro richiesta del Governo. Lo scioglimento del Senato è anticipato rispetto alla scadenza naturale e suscita perplessità anche nei partiti minori di centro. Alcuni deputati e senatori del PRI e del PSDI si dimettono dai rispettivi partiti per disaccordi sulla legge elettorale approvata e danno vita a “Unità popolare” che partecipa alle elezioni del 7 e 8 giugno 1953 per il rinnovo di Camera e Senato. Di seguito, un quadro completo con il risultato delle elezioni politiche della seconda legislatura repubblicana (elezioni politiche del 7 e 8 giugno 1953).

La nuova legge elettorale, conosciuta come legge “truffa” non scattò per pochissimi voti: al gruppo dei partiti apparentati ne sarebbero bastati 57.000 in più, pari allo 0,2% per ottenere il premio di maggioranza e quindi avere 380 seggi in totale; ne ottennero invece 303 così divisi: DC:263; PSDI:19; PRI: 5; Partito Sud Tirolese: 3. Il PCI ne ebbe 143 e il PSI: 75; (totale: 218); il Partito Monarchico: 40, e il Movimento Sociale: 29 (totale: 69). L’Unione socialisti indipendenti, l’Unità popolare e altri di sinistra, raccolsero in totale 524.607 voti: non ebbero alcun seggio perché divisi; contribuirono, però, a determinare la non applicazione del premio di maggioranza. Alcuni settori della DC, di fronte all’alto numero di schede nulle, intesero chiedere una revisione dello scrutinio: De Gasperi si oppose risolutamente, accettando il risultato. Infatti, al di là delle tensioni che avrebbe potuto provocare una riapertura dello scrutinio, aveva chiaro il dato politico: i partiti alleati di centro, rispetto alle elezioni della prima legislatura del 1948, avevano perso complessivamente il 13% dei voti. Qual era il quadro politico italiano di allora, che in parte si è mantenuto sino alla fine degli anni ’80 con la caduta del “Muro di Berlino”: il PCI e il PSI non potevano entrare nella maggioranza di governo per un veto perentorio degli USA e degli altri paesi europei della NATO cui l’Italia aderiva. Dall’altra parte, gli altri due partiti, quello monarchico e il movimento sociale, per i loro trascorsi, non erano accettati nella maggioranza di governo da parte di tutti i partiti presenti nel parlamento repubblicano costituito nel 1948: all’epoca fu coniato un termine geometrico “Arco Costituzionale”, che di geometrico non aveva niente, rendeva, però, comprensibile il volere “politico” dei partiti che avevano firmato la Costituzione repubblicana. In seguito a importanti eventi, il veto verso il PSI era cessato già nella terza legislatura. Nei primi anni ’60 il PSI entrava e usciva dal governo: si era in una fase di assestamento che coniò in tempi diversi altre figure geometriche che anche in questi casi di geometrico non avevano niente.

Giovanni Minardi

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