Sfumature di anarchia: breve storia di un’idea “Minore”
Intorno al termine anarchia, normalmente si pensa al disordine, alla confusione e al caos. Cerchiamo, per quanto possibile, di chiarire alcuni aspetti tenendo conto anche del significato che ha assunto il termine nel corso della storia. Il temine anarchia nasce nell’antica Grecia come accezione puramente negativa per indicare la degenerazione dello stato e come mancanza di regole e ordine. Il primo a parlare di anarchia in senso negativo fu Eschilo nella parte finale de “I sette contro Tebe”, ripreso poi da Sofocle. Anche Platone ne “La Repubblica” parla di anarchia in senso spregiativo: «Non è inevitabile che in uno stato siffatto il principio di libertà si allarghi a tutto? – Come no? – E così, mio caro, dissi, vi nasce l’anarchia e si insinua nelle dimore private e si estende fino alle bestie».
Anche se nell’antica Grecia non mancano casi di pensatori anti-sistema, come Diogene di Sinope, Zenone di Cizio, Epicuro e altri, bisognerà attendere l’età moderna per iniziare a cogliere un’idea tendenzialmente positiva del termine anarchia, soprattutto grazie a Thomas More e ai suoi scritti, tra cui la sua opera più famosa dal titolo “Utopia”. In seguito, nell’Illuminismo, diversi esponenti hanno teorizzato il concetto di anarchia tra cui il filosofo Jean-Jacques Rousseau, il prete ateo Jean Meslier, il Marchese de Sade e in Denis Diderot. Anche Kant nella “Critica del giudizio” parla di un Regno dei fini, una società ideale che può essere realizzata attraverso l’esercizio della libertà umana per mezzo della ragione.
Durante la rivoluzione francese, Jacque Pierre Brissot (1754-1793), politico e giornalista francese, morto ghigliottinato durante il Regime del Terrore, utilizzò per primo i termini di anarchia e anarchismo. Molti gruppi radicali volevano infatti l’abolizione dello Stato e della proprietà privata come i cosìddetti Arrabbiati guidati dall’ex prete JacqueRoux o gli Eguali di François-NoëlBabeuf.
Anche se William Godwin, probabilmente il primo pensatore anarchico della storia che rivalutò l’anarchia come concetto politico, è stato Pierre-Joseph Proudhon a utilizzare il termine come nuovo ordine antigerarchico, basato sulla pari dignità, sull’orizzontalità, sulla reciprocità paritaria tra individui che crea armonia in contrapposizione al caos burocratico dell’autorità. Proudhon, filosofo, sociologo ed economista francese, grazie alla pubblicazione del celebre saggio “Che cos’è la proprietà?” il termine anarchia assumerà un significato positivo. Famosa resta la sua affermazione “la proprietà è un furto” e il giorno che sarà attuato l’anarchia: «Non vi sarà più nazionalità, o patria, nel senso politico del termine; significheranno solo luogo di nascita. L’uomo, di qualunque razza o colore possa essere, è un abitante dell’universo; la cittadinanza è ovunque un diritto acquisito». In “L’idea generale della Rivoluzione” afferma: «“Capitale” in campo politico è sinonimo di “governo”. La concezione economica di capitalismo, quella politica di governo e quella teologica di Chiesa sono tre concetti identici, collegati in modi differenti. Attaccare uno solo di loro equivale ad attaccarli tutti. Quello che il capitale fa al lavoro, e lo Stato alla libertà, la Chiesa lo fa allo spirito. Questa trinità di assolutismo è rovinosa nella pratica tanto quanto nella filosofia. I mezzi più efficienti per opprimere il popolo sarebbero simultaneamente sopprimere e schiavizzare il suo corpo, la sua volontà e la sua ragione».
Uno dei grandi pensatori storici dell’anarchia di radice socialista, considerato insieme a Proudhon il fondatore dell’anarchismo moderno, fu il russo Michail Bakunin, ed ebbe una risonanza mondiale grazie anche alla sua opera “La Comune di Parigi e la nozione di Stato”. In un passo si legge: «Non c’è più uno Stato, non c’è più un potere centrale superiore ai gruppi che impongano la loro autorità; c’è solo la forza collettiva risultante dalla federazione».
Nel mondo contemporaneo, uno dei maggiori pensatori e divulgatori del pensiero anarchico, sotto il profilo socialista-libertario come lui stesso si definisce, è lo statunitense Noam Chomsky, linguista, filosofo e teorico della comunicazione. Ha duramente denunciato l’ingiustizia e la profonda immoralità su cui si fondano i sistemi di potere americani e internazionali, la strumentalizzazione della totalità dei mezzi d’informazione statunitensi, da parte delle potenti lobby economiche esistenti in quel Paese, e la politica imperialista e militarista delle amministrazioni USA.
Nel corso della storia, il pensiero anarchico si è sviluppato in tantissime correnti; nel comunismo, nell’individualismo, nel sindacalismo e non sempre è facile definirlo, ma è ormai consolidata la base ideologica sulla quale si appoggia e che sostiene le diverse correnti. Secondo i sostenitori dell’anarcopyright, i punti fermi dell’anarchia sono i seguenti: è un movimento antirazzista e rifiuta qualsiasi forma di discriminazione; è antimilitarista e contrario a qualsiasi forma di violenza istituzionalizzata, pertanto non tollera l’esercito, strumento di guerra e di repressione, lo sfruttamento e affini; è antisessista, perché gli uomini e le donne devono essere trattati con rispetto reciproco; afferma l’antispecismo perché non considera la specie umana superiore a tutte le altre specie animali quindi contrari all’allevamento, alla caccia, alle pellicce, alla vivisezione e così via; l’anarchico crede nell’internazionalismo perché oltre a essere pari, gli esseri umani sono anche fraterni indipendentemente dal loro sesso, razza, lingua e cultura.
L’anarchismo contemporaneo si è sviluppato in paesi più tecnologicamente avanzati, dove i giovani si indignano contro uno Stato che maschera e nasconde la sua associazione con il capitalismo corporativo multinazionale. Se osserviamo la storia politica dell’uomo, è facile constatare che i movimenti con un carattere prevalentemente anti-sistema, si sono sviluppati spesso in Stati dittatoriali, corrotti, con una pesante burocrazia e una eccessiva disuguaglianza; pensiamo a esempio alla Comune di Parigi del 1871, alla Rivoluzione russa del 1917, alla Guerra civile spagnola del 1936. Sfumature anarchiche, con accezione positiva, sono riconducibili anche a diversi movimenti emersi in questi ultimi anni in Europa accomunati dagli stessi ideali; basti pensare agli “indignados” spagnoli, alle rivolte nella crisi economica della Grecia e la contestazione al potere delle multinazionali, al potere delle lobby, al potere politico, al potere mediatico che creano disuguaglianze sociali ed economiche.
Tra i più noti anarchici italiani vale la pena di ricordare Carlo Pisacane, Sacco e Vanzetti, Fabrizio De André ed Errico Malatesta.
Forse non sapremo se si realizzerà mai l’anarchismo, ma possiamo senz’altro concludere con le parole di Proudhon che «L’anarchia, è l’ordine senza il potere».
Sante Biello