Se non esistesse la religione Islamica ci sarebbero gli attentati terroristici?

Il nuovo secolo è iniziato con un inasprimento a livello mondiale del terrorismo di matrice islamista e tanti sono stati finora i commenti sulla responsabilità o meno della religione islamica con gli attentati terroristici. In effetti, nel “Corano” ci sono 123 versetti che incitano alla violenza per la gloria di Allah. Nella sura 47:4, a esempio, si legge: «Quando incontrate gli infedeli, uccideteli con grande spargimento di sangue e stringete forte le catene dei prigionieri». Solo una estrema convinzione religiosa può portare un uomo a gridare “Allah Akbar”, ovvero “Dio è onnipotente” prima di farsi saltare in aria uccidendo indiscriminatamente tutti quelli che sono attorno a lui. Il terrorista islamico è mosso da una cieca e profonda fede religiosa che lo porta a essere uno “shaid” ovvero un “martire” non solo verso i cristiani o laici ma anche nei confronti degli stessi musulmani che si sono occidentalizzati. Di conseguenza, per il fondamentalista islamico il “Corano” viene sempre prima della Costituzione di un Paese occidentale perché politica e religione coincidono; nella Repubblica Islamica dell’Iran a esempio, il potere legislativo è basato sulla giurisprudenza coranica, così come in Arabia Saudita, in cui vige l’interpretazione wahabita (un movimento religioso ultraconservatore) della legge islamica.

Anche nella “Bibbia” ci sono versi di una violenza inaudita come a esempio nel “Deuteronomio”, 7:2 quando dio parlò a ogni uomo d’Israele e, riguardo i nemici, proclamò: «Tu li voterai allo sterminio; non farai alleanza con loro e non farai loro grazia» e in base alle Sacre Scritture il Cristianesimo ha promosso le Crociate, ha istituito l’Inquisizione, ha sterminato gran parte dei popoli precolombiani (almeno 100.000.000 di morti) e tanto altro. Ma la nostra tradizione storica, a differenza di quella islamica, ha poi conosciuto il Rinascimento, l’Illuminismo e la Rivoluzione Francese, con l’emanazione della “Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino” nel 1789; Bertrand Russell, infatti, dirà che «Il cristiano moderno è divenuto certamente più tollerante, ma non per merito del Cristianesimo. Questo addolcimento del costume è dovuto a generazioni di liberi pensatori che – dal Rinascimento a oggi – hanno provocato nei cristiani un senso di sana vergogna per i loro tradizionali pregiudizi». All’Islam fondamentalista sembra manchi proprio questo processo storico-culturale. Da questa premessa ci viene facile pensare che la causa del terrorismo islamico è riconducibile esclusivamente alla religione di Maometto. In realtà, il terrorismo presenta aspetti molto più complessi. Innanzitutto non è possibile pensare che un miliardo e ottocento milioni di mussulmani siano tutti terroristi e pronti a farsi saltare in aria. Ogni volta che avviene un attentato, come l’ultimo avvenuto a Nizza, si riporta il virgolettato di Oriana Fallaci: «Non tutti gli islamici sono terroristi, ma tutti i terroristi sono islamici», dimenticando i separatisti baschi dell’ETA, la Real IRA irlandese o anche solo il terrorismo nero e rosso degli Anni di piombo in Italia. Non è possibile nemmeno parlare di una guerra di religione perché i primi obiettivi dei terroristi non sono i duomi, le cattedrali, le chiese cristiane sparse in Europa e in gran parte nel mondo e ma gli aeroporti, le stazioni ferroviarie, le metropolitane o un pub come il Bataclan. Allora la questione è molto più ampia, che riguarda non solo ed esclusivamente la religione ma anche l’assetto geopolitico mondiale.

Diversi sono i fattori che possono spiegare l’origine del terrorismo islamista moderno: la Rivoluzione iraniana avvenuta tra il 1978-1979 che portò l’Iran dalla monarchia alla repubblica islamica la cui costituzione si ispira alla legge coranica, il ritiro sovietico dall’Afghanistan avvenuto nel 1989 secondo gli accordi di Ginevra e la rivitalizzazione della religione a livello globale dopo la guerra fredda. In seguito, l’Europa e gli Stati Uniti hanno appoggiato capi di Stato come Gheddafi in Libia, Saddam Hussein in Iraq, al-Assa in Siria o Erdogan in Turchia per stipulare accordi economici e militari senza tener conto delle conseguenze disastrose che avrebbero provocato: dopo l’attentato dell’11 settembre 2001, infatti, a ottobre dello stesso anno Bush porta gli Stati Uniti ad attaccare l’Afghanistan e nel 2003, sempre Bush invade l’Iraq, Paese colpevole di possedere armi di distruzione di massa ma che si rivelò una menzogna gigantesca; le conseguenze sono state non di una “esportazione della democrazia” ma di una – ulteriore – pericolosa destabilizzazione dell’intero Medio Oriente, la nascita dell’ISIS e l’inizio dei flussi migratori che rischiano di far implodere l’Europa. Ancora oggi in Iraq e in Afghanistan uomini, donne e bambini muoiono sotto le bombe americane ma gli organi di informazione non sempre ne parlano. Anche l’Italia è presente in questo scenario paradossale: nonostante la legge 185 del 1990 che vieta la vendita di armi a Paesi in conflitto, fabbrica bombe e le vende all’Arabia Saudita che a sua volta le utilizza nello Yemen non solo su obiettivi militari ma anche su ospedali, mercati e abitazioni di civili.

Quindi, tornando alla domanda iniziale, sappiamo bene che la storia non si fa con i “se”, ma supponiamo per un attimo che nel Corano ci sia scritto: “quando incontrate un infedele abbracciatelo!”, sicuramente non avremmo jihadisti pronti a farsi saltare in aria; è anche vero che se non esistesse la religione islamica, avremmo altre forme di violenza che cercherebbero di impedire una politica occidentale basata su accordi finanziari, interessi petroliferi, sostegno ai partiti rivoluzionari e alle guerriglie locali; tutto questo, negli ultimi quarant’anni ha causato un impoverimento degli stati mediorientali e un incremento dell’odio verso l’Occidente.

Sante Biello

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