I coraggiosi sono quelli che rimangono
Io comprendo quelli che vanno via, ma i coraggiosi sono quelli che rimangono nelle nostre terre. E questa affermazione non è dettata dal fatto che la storia migratoria italiana è ripresa con cifre da capogiro. I dati Istat parlano di un andare via di 136.328 solo per quanto riguarda il 2014. E per darvi un’idea di cosa parliamo basta far notare che dal 2002 al 2014 vi è stato un incremento del 226%, sì, avete letto bene: duecentoventisei percento. Solo tra il 2013 e il 2014 dell’8%. E per comprendere ancora meglio il fenomeno vi dirò che le 100.000 unità sono state toccate per la prima volta nel 1880. E nonostante tutto sono comunque cifre non “ultimative”. Il migrante oggi attraversa le frontiere europee senza visti e permessi di soggiorno e si badi che non si tratta solo di lavoratori specializzati o di quelli che comunemente definiamo “cervelli in fuga”, ma di studenti, professionisti, tecnici, imprenditori, ricercatori, pensionati, cooperanti e altre figure tra le più varie. Vi è però un dato che più degli altri ci deve far riflettere: si emigra anche per cercare una migliore qualità della vita, il che di conseguenza comporta una minor voglia di tornare.
Un altro dato? E non vi spaventate: dal 2008 al 2013 gli emigrati italiani sono stati 554.727 e il 39% di questi sono giovani tra i 15 e i 34 anni (Elaborazione ImpresaLavoro su dati Eurostat). Non basta? Rispetto agli anni precedenti diminuisce il numero degli immigrati e aumenta il numero degli emigrati. Traduzione: il bilancio per gli italiani è negativo (- 60 mila), mentre è positivo per gli stranieri (+ 200 mila).
Rispetto a queste cifre, nemmeno troppo fredde a dir la verità, chi rimane è coraggioso o no? Possiamo considerare chi è rimasto un “resistente”?
«Quei ragazzi che non riescono ad arrendersi, e però scappano, illudendosi di ritornare, e quelli che rimangono ma non vedono prospettive, e però resistono»*.
È l’ora dell’emersione, quale sinonimo di possibilità, rinascita, libertà e responsabilità. È ora di esigere concretezza e risultati certi, e noi dobbiamo assumerci questa incombenza. È ora di far uscire dall’ombra, dalla trincea e dalla depressione sociale quelli che per noi sono gli attori principali: le persone. Chiamatelo pure capitale sociale, se volete.
Affermava Thiago: «Quella terra dove affondano le radici, che lasciai per misurare il volo delle mie ali. Quanto mi manca. Chi la curerà? Chi avrà pietà di lei? Cosa accadrà quando anche l’ultimo figlio avrà lasciato la sua casa?»*.
Io comprendo quelli che vanno via, ma i coraggiosi sono quelli che rimangono, sempre.
* Citazione dal libro “Mi chiamo Thiago” di Oliva e Sorrentino.
Mimmo Oliva