La diplomazia digitale, uno sguardo attraverso le tastiere
“AroundTheCorner” si incammina tra le strade inesplorate del mondo della comunicazione diplomatica via internet. Le relazioni peer to peer si affievoliscono di fronte all’avanzata dell’era digitale. Le nuove frontiere della politica si esercitano on line, nell’arena delle fake news e del disincanto.
Convenzionalmente, sappiamo che una giornata è composta da 24 ore. Di queste, almeno 16 ore vengono trascorse a cavallo tra la vita reale e il mondo social-digitale. È una condizione con cui abbiamo dovuto fare i conti, che ha trasformato geneticamente la nostra percezione dell’esistente. Chi fa politica, oggi, ha la piena consapevolezza che, oltre ad avere un programma convincente, dovrà dotarsi di un buon social media manager – figura professionale ampiamente riconosciuta all’interno del volano delle offerte disponibili – e di una discreta somma da investire in comunicazione digitale. In Italia ne avevamo avuto un accenno negli anni ’90, attraverso la televisione, con l’ascesa di Silvio Berlusconi. Ma, come il buon Pasolini diceva ante litteram, la televisione è un luogo di trasmissione unilaterale. Chi è in televisione parla al pubblico e lo fa come farebbe un maestro nei confronti degli alunni, dalla cattedra, con forti rischi di omologazione culturale.
La rivoluzione digitale ha dato parola al “pubblico da casa” nelle sue stratificazioni sociali. La politica, sia nazionale che internazionale, è diventata più inclusiva, meno gerarchica, orizzontale e, a tratti, anche anarchica. Ne fa ampio utilizzo anche il M5S attraverso la piattaforma on line “Rousseau”. In questo universo parallelo difficilmente si riesce a contrastare fenomeni e azioni altrimenti incriminabili. Pensiamo, a esempio, al vastissimo e inesplorato mondo del Deep Web: le legislazioni nazionali risultano insufficienti e quelle internazionali non riescono a contenere un fenomeno che oltrepassa qualsiasi barriera economica, sociale e legale. Il senso di responsabilità è riservato alla nostra etica e morale: tutto ciò che diciamo, scriviamo, affermiamo, le accuse che facciamo, i giudizi di valore che esprimiamo passano sotto la lente di giudizio della governance Zuckerberg.
Non abbiamo eletto, non conosciamo e non vediamo nessuno dei membri del CdA di Facebook, eppure costoro prendono delle decisioni su chi siamo e cosa facciamo, soprattutto rispetto a cosa diciamo e in cui crediamo. Nella migliore delle ipotesi, viene intrapresa una campagna per contrastare i “populismi digitali” alimentati dalle fake news; nella peggiore, si rinnega l’esistenza di uno stile di vita anticonvenzionale (per esempio transgender), come documentato dal lungometraggio di Gottschau, Facebookistan. Questi temi sono oggetto di studio e approfondimento da parte del professor Francesco Amoretti, docente di Scienza Politica all’Università degli Studi di Salerno, che sta lavorando al libro La costituzione nel cyberspazio e ha organizzato il convegno International Symposium on Internet Governance nel 2016, in cui esperti in materia, provenienti da tutto il mondo, si sono confrontati su sicurezza, net-neutrality e diritti umani.
Negli Stati Uniti i social media sono diventati uno strumento ufficiale di comunicazione: da qualche anno l’account twitter @Potus è il canale ufficiale di tutti i presidenti degli Stati Uniti d’America, a prescindere dal vincitore. A questo, è stato affiancato @Flotus, il canale ufficiale per le first lady (si evita, in questo momento, di soffermare l’attenzione sulla discriminazione di genere, le pari opportunità, ecc…).
Fioriscono, così, nei più importanti istituti italiani, discipline come la Diplomazia Digitale, che studia l’utilizzo del web e dei social media da parte dei governi su scala internazionale, sotto la supervisione del professor Antonio Deruda (autore dell’omonimo libro). Sullo stesso filone il libro “Digital Diplomacy: Conversations on Innovation in Foreign Policy” di Andreas Sandre dell’Ambasciata Italiana di Washington DC, presentato a New York nel 2015. Nel suo libro precedente, “Twitter for Diplomats, Sandre dimostra la consapevolezza acquisita delle relazioni nate grazie alla social media diplomacy dei 140 caratteri, che hanno permesso l’apertura di nuovi canali di comunicazione tra la cittadinanza e i quadri dirigenziali della macchina burocratica ed esecutiva statale.
A questo punto, conviene chiedersi, è ancora la tecnologia a rincorrere la politica?
Sara Santoriello