Intervista ad Antonio Stornaiuolo: Primomito, il nostro teatro è per tutti

“Che cosa è il teatro? Una delle testimonianze più certe del bisogno dell’uomo di provare in una sola volta più emozioni possibili”. Con questa frase Eugène Delacroix intendeva esprimere l’importanza del teatro nella vita dell’essere umano. Se guardiamo alla società d’oggi, sono sempre meno i giovani che si avvicinano a questa realtà, facendo diventare il teatro un’espressione di nicchia. Le associazioni teatrali che nascono sul territorio sono forgiate con passione e perseveranza, una di queste è l’Associazione teatrale Primomito di Castel San Giorgio in provincia di Salerno.

Abbiamo incontrato Antonio Stornaiuolo, pedagogista e presidente dell’Associazione.

Antonio, com’è nata l’associazione Primomito?

«L’Associazione Primomito nasce sette anni fa un po’ per gioco, dall’unione di vari amici, come un momento teatrale orientata inizialmente verso laboratori per bambini a sfondo pedagogico e successivamente anche verso adulti con orientamento formativo. Con il passare del tempo abbiamo fatto sempre più passi avanti, infatti enti e altre associazioni hanno iniziato a guardarci diversamente permettendoci di creare collaborazioni formative per lo più a scopo didattico».

Da chi è composta la vostra compagnia?

«La nostra compagnia è composta da undici persone stabili che io chiamo “senior” o meglio fondatori, dove insieme prepariamo i vari spettacoli teatrali da portare al pubblico a livello regionale, presentando un grande assortimento di opere, in circa sette anni abbiamo portato sul palco più di quindici spettacoli».

Come svolgete la vita associativa?

«Per lo più, conduzione di laboratori teatrali suddivisi in bambini, ragazzi e adulti all’interno della nostra nuova sede, aperta da circa due anni. Ogni gruppo ha lo stesso obiettivo quello di fare teatro, ma attraverso modalità diverse. I corsi, che iniziano da ottobre fino a giugno, si strutturano con un periodo di preparazione della durata di circa quattro mesi, dove si studiano le basi del teatro e successivamente la realizzazione del copione con la messa in scena finale dell’opera. Questo permette a chi vuole avvicinarsi al teatro di avere tutte le carte a disposizione per poterlo fare, l’importante è avere passione e determinazione».

Di questi tempi è molto difficile emergere come associazione sul territorio, il vostro ultimo anno vi ha portato soddisfazioni.

«Quest’anno è stato un anno decisivo il migliore si può dire, grazie al nostro ultimo spettacolo “Equanima” abbiamo vinto tre premi, precisamente alla regia, all’impegno sociale e al miglior spettacolo. Quest’ultimo spettacolo noi lo definiamo la nostra “creatura”, esso si basa sul teatro a sfondo sociale, rompe gli schemi, invita a non essere indifferenti, parla di temi scottanti come la diversità, la prostituzione e l’immigrazione. Il teatro deve rompere gli schemi, le barriere non deve lasciare indifferenti, non può, è una dimensione culturale della propria città e in quanto tale andrebbe incentivata, sennò sarà solo paragonabile a una semplice recita scolastica».

Di “Equanima” abbiamo avuto modo di parlarne sul nostro Magazine. Eravamo presenti alla rappresentazione dello scorso 9 agosto a Paestum. Questo vostro impegno ha portato a numerosi traguardi di cui l’ultimo il 22 ottobre a Bari…

«Sì, il duro lavoro viene sempre ricompensato, quest’anno mi hanno chiamato per la conduzione di un laboratorio all’interno del programma pedagogico nazionale, una stanza di vita educativa dove il tema di quest’anno è “la risata ci aiuterà”. Il laboratorio sarà improntato sulla risata e la recitazione passando per il corpo, come un elemento di comunicazione, che non teme il confronto, che è aperto al prossimo di una grande fiducia in se stessi e negli altri. Risata che può essere definita sia incondizionata che condizionata, andando a stimolare quell’aspetto olistico della gioia senza motivo. Il teatro diventa il mezzo per sperimentare questo passaggio anche semplicemente attraverso uno scheck. Il teatro non è solo per una certa fetta sociale, ma diventa per tutti».

La funzione del teatro nasce da “un’esigenza sociale”, nel senso che la sua funzione è soddisfare e favorire la comunicazione, cosa vuol dire per te “sociale”?

«Per teatro sociale intendo un modo per rieducare, anche se questa cosa non è ancora certificata, noi come associazione ci crediamo. Gli obiettivi del teatro sociale sono tantissimi, importante è fissarne uno a seconda della categoria di persone come bambini, adulti, disabili, ecc… Esso deve attivare tutti i sensi, portando ad avere più consapevolezza delle proprie emozioni e sensazioni. Questo si ricollega al fine ultimo del teatro, emozionare e trasmettere un messaggio al pubblico che ci ascolta. Il teatro non è solo per una certa fetta sociale, ma diventa per tutti».

In passato il teatro, svolgeva un ruolo centrale all’interno di una comunità, mentre oggi quando si parla di teatro si intende quello dei diversi, con un significato di confine, emarginato, lontano dalla centralità sia fisica che civile delle origini…

«Sì, il teatro prima veniva visto come un importante strumento di comunicazione all’interno della comunità, basti pensare che attraverso lo spettacolo si faceva politica, si raccontava la storia, si professava la religione. Oggi le persone conoscono solo il teatro con i grandi nomi di successo».

Come vedi l’associazione Primomito proiettata nel futuro?

«Sicuramente ingrandita, poiché noi ci crediamo con tutti noi stessi. Fermo restando l’obiettivo più grande: quello di dare a più persone la possibilità di vivere un’esperienza teatrale, far conoscere il teatro a tutti, poiché il teatro è il motore dell’emozione, della cultura, ma anche dell’aggregazione».

Luigi Rispoli

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