Caro Troisi…
Caro Massimo,
mentre tua sorella Rosaria portava nella nostra scuola la nitida testimonianza della tua arte umoristica, pensavo a se e come avresti saputo tenere a bada ed ironizzare sulla ‘napoletanitá’ in questi tempi oscuri.
Non sei stato emigrante, non sei stato un Pulcinella triste o mangione o imbroglione, come andava di moda negli anni ’80, non sei stato ‘omme e’panza, come voleva lo stereotipo del napoletano, non sei stato l’innamorato violento, rissoso e possessivo, qualità che si attribuiscono di default a tutti i meridionali.
Hai portato sulla scena un uomo quotidiano, impreciso, indeciso, timido, sincero, dubbioso, inibito.
Un uomo contemporaneo, normale e soprattutto in crisi, giacché i valori dei quali gli uomini erano intrisi da secoli stavano andando in frantumi. Forse con quel tuo annaspare nelle parole, con quel dialetto napoletano smozzicato e solenne, volevi sottolineare i dubbi dell’ uomo moderno? Forse il tuo incespicare fu il segno delle difficoltà di tutto il Sud ad accettare una modernità che lo stava investendo senza che ad essa fosse possibile agganciare un progetto, un bersaglio da colpire.
Ed ora eccoci qua a riparlare del Sud, di giovani uomini e donne che vanno via, di piccole botteghe che chiudono, di impianti industriali dei quali si raccontavano meraviglie e che, invece, hanno prodotto una morte lenta ed insidiosa, la morte industriale.
A venticinque anni dalla tua morte sono cambiate tante cose… Il mare e il Vesuvio sono triste oleografia, nei vicoli si torna a sparare gettando la gente perbene nella paura e nello smarrimento.
Tu, Massimo, hai vissuto la Napoli di Maradona e di Pino Daniele, ed hai contribuito a renderla viva e solare. Se poi, sotto sotto, ci scappava la critica (perché è vero che chi non ha avuto la ‘fortuna’ di arricchirsi culturalmente ha difficoltà ad esprimersi) è solo un merito in più per te che, come dice tua sorella, non hai frequentato nessuna accademia teatrale. Chissà ‘arò sí asciuto’ così pungente nei confronti delle cose italiane. Già! Perché quello che sta accadendo a Napoli riguarda l’Italia, un Italia frantumata e colpita al cuore.
Massimo io e i miei allievi, prossimi alla maturità, stiamo ridendo a crepapelle mentre passano sullo schermo le sequenze di ‘Ricomincio da tre’. É deciso, non saremo emigranti disperati e neppure uomini e donne che tirano a campare.
Dobbiamo ‘esserci’ e dare voce al nostro desiderio di giustizia e libertà. Con la nostra faccia bella e triste di uomini e donne del Sud.
Al trito copione tragicomico del napoletano solo macchietta opporremo la forza delle idee.
Maria Rosaria Anna Onorato