De Andrè e Carloforte: inaugurata la “stanza di Faber”
Sabato 27 luglio è stata inaugurata a Carloforte la “Stanza di Faber”. Più d’una le cose che legano il cantautore genovese alla città che ha voluto così ricordarlo.
Ci sono legami scritti in una data, altri in un luogo. Nel nostro caso non possiamo che partire appunto da un posto, Pegli. Cosa ha in comune questo centro ligure con Carloforte e De Andrè? Per entrambi rappresenta la nascita. Mentre è più facile intuirlo, anagraficamente con una persona, risulta più complicato farlo con un paese che, fisicamente e geograficamente, è stato fondato ben lontano da Pegli, in una piccola isola a Sud Ovest della Sardegna. In effetti parliamo dei natali di una “colonia” che partita dalla Liguria, attraversando mille peripezie, ha conservato, perlopiù intatta ,la memoria storica e linguistica delle sue origini, una cosa che la accomuna non poco con la vita di Fabrizio De Andrè.
Sarà per le comuni origini o per le peculiarità socio culturali di Carloforte e della sua gente, che De Andrè, nel 1984, in collaborazione con la RAI, la sceglie per uno “ Speciale Mixer”, la bella rubrica di RAI 2 curata da Gianni Minoli.
Il tema dello “Speciale” è l’undicesimo album di Fabrizio: Creuza de mä.
L’album, interamente cantato in genovese, è realizzato in collaborazione con Mauro Pagani che lo accompagnerà durante tutte le riprese e che tornerà, da allora, tutti gli anni a Carloforte. Pagani si è aggiudicato lo scorso anno, a Carloforte, proprio sul palco del teatro in cui sono stati girati gli interni di Mixer, il premio Isole del cinema per la musica, nell’ambito del festival di musiche per film che porta il nome di “Creuza de ma”.
Il ricordo di quei giorni, in un soleggiato mese di Giugno, di un oramai lontano 1984, sono ancora vivi nella memoria di chi scrive, perché fanno parte di quei momenti di cui un uomo è fiero di dire “io c’ero”
I mei sono i ricordi di un vent’enne, allora impegnato politicamente, che faceva parte di un gruppo di ragazzi dell’Arcigiovani. La sede del nostro circolo era nei locali di quella che viene chiamata “Casa del proletariato” e che ospita il Cinetatro Cavallera, dove sono state girate le parti “concertistiche” del servizio di mamma RAI. La conoscenza del teatro, l’aria di padroni di casa, ci fecero avvicinare alla troupe di operatori, cameramen, tecnici vari che si avvalsero anche della nostra collaborazione.
Da lì a conoscere Fabrizio De Andrè il passo fu veramente breve. Per me
fu, oltre che un avverarsi del sogno di un ammiratore, la rivelazione di un nuovo
mondo. Con l’andare del tempo avrei avuto l’occasione, e la fortuna, di
conoscere altri artisti, uno su tutti Andrea Parodi cantante e autore di una
umanità disarmante e di una bravura forse non ben valutata, ma quel primo
incontro mi permise di capire che ci sono personaggi la cui grandezza non
dipende solo dalla loro vena artistica, Faber era uno di loro.
Il suo integrarsi e interagire con i Carlofortini lo portarono a essere, se pur
solo per quel breve periodo, uno di loro, uno di noi.
E’ ancora visionabile su Youtube il video in cui, all’esterno di un bar, beve e
scherza con i presenti, parlando con
loro in un genovese che, pur non facendo parte della sua quotidianità, lo
accomunava a loro, eredi di un dialetto genovese che aveva resistito ai fatti e
al tempo. In Fondo Carloforte era stata scelta oltre che per le bellezze
naturali della sua isola, soprattutto perché era la rappresentazione di
“Creuza de ma”, un raccoglitore di emozioni senza tempo.
I miei personali ricordi di Fabrizio culminano in una data drammatica per
quella che era la sinistra di allora e per la politica italiana in generale: L’
11 giugno del 1984.
Credo fosse un momento di pausa dalle riprese, noi ragazzi avevamo dato una mano ai macchinisti per spostare il sipario ecc…
Fabrizio non metteva alcuna barriera tra lui e gli altri, eravamo seduti
accanto, sulla prima fila di poltroncine, faceva caldo, di fianco a Fabrizio
era seduta Dory Ghezzi. Lo ricordo come
fosse ora… entrò il segretario della locale sezione comunista, in mano
aveva una sorta di manifestino. Anche se al momento nessuno di noi era in grado
di leggere cosa ci fosse scritto sapevamo benissimo che era la notizia che
temevamo “Il compagno Berlinguer ci ha lasciati”.
Il silenzio si fece quasi irreale, e in
quel silenzio così carico di significati, qualcuno iniziò ad applaudire. Faber
era in piedi ed applaudiva, di lì a poco
l’appaluso si diffuse in tutto il teatro. Solo allora mi resi conto che la sala
era piena, mi ero dimenticato del pubblico che stava seguendo le riprese. Anche
il figlio, anni dopo, in un’intervista disse che Carloforte era per suo padre
una sorta di terra ideale: una genovesità, che anche la terra di origine aveva perduto, in una
Sardegna che aveva amato più di ogni altra cosa.
Carloforte ha ricordato già in altri modi De Andrè, dedicandogli anche una via, ma “La stanza di ùFaber” è senz’altro quello che più rappresenta questo legame così forte e allo stesso tempo schivo e discreto. Uno spazio all’Ex Me, centro culturale per eccellenza del paese di 6.200 anime, con ingresso gratuito .Libri, dischi, fotografie, video e tutte le sere dalle 20 alle 23, palcoscenico aperto per dar voce a canzoni, poesie, musica dal vivo, sul solco tracciato dall’artista. Ma anche spazio a ricordi e racconti inediti sulla permanenza di Fabrizio De André a Carloforte.
“Stanza di Faber” si deve alla Libera Università di Carloforte, guidata da Susanna Lavazza ed all’associazione U Paize Eventi, presieduta da Marco Loddo, con il patrocinio del Comune e della Fondazione “De André”. Resterà aperto fino al 21 settembre «ma con la volontà di renderlo permanente per farlo diventare un altro attrattore turistico», sottolinea all’ANSA il sindaco, Tore Puggioni.
Un primo passo. «Da tempo coltiviamo il sogno di dedicare uno spazio permanente al cantautore di Pegli a Carloforte» spiega Susanna Lavazza «punto di riferimento per musicisti e poeti presenti a Carloforte e turisti, nel segno dello scambio culturale, del suonare insieme, guardarsi negli occhi, leggere su carta».
Gli organizzatori invitano musicisti presenti sull’Isola a portare uno strumento qualsiasi da suonare e a partecipare all’inaugurazione. «Quasi una sorta di jam session per ricordare Fabrizio De Andrè che tanto amava la Sardegna e la nostra piccola Isola» conclude Lavazza.
Per quel che riguarda chi scrive, soggiorno spesso a Pegli, di solito le mie passeggiate mi portano a toccare due punti importanti: la casa in cui nacque Fabrizio de Andrè il 18 febbraio 1940 e la targa che ricorda la partenza dei coloni pegliesi nel 1541.
Sono date separate da secoli e fatti, un percorso costellato di cambiamenti e ricambi generazionali.
Sono cambiati gli usi e i costumi, come si soul dire, ma il cuore grande degli uomini che sanno essere “speciali” non ha tempo ne confini.
Antonello Rivano