SOCIAL: BUFALE E CATENE, ISTRUZIONI PER L’USO.
A chi non è capitato di ricevere sul proprio Messenger o WhatsApp un messaggio che chiede di condividere urgentemente una richiesta di sangue, con tanto di nome e numero di telefono? O messaggi con avvisi della presenza di profili hacker?
Oppure letto post che parlavano della nuove norme sulla privacy di Facebook, o del fatto che sarebbe diventato a pagamento, o come fare per eludere i suoi logaritmi. Chi di voi non è trasalito di fronte all’ignoranza, dimostrata in un commento o in un post da parte di qualcuno?
Il messaggio recita: «Mi aiuti a diffonderlo? C’è bisogno di sangue A RH negativo per una bambina che sta molto male. Aiutate a diffonderlo. La referente è Elisa Montagnoli» con tanto di nome, cognome e numero di telefono della responsabile cui farebbe capo l’appello alla solidarietà.
«Nulla di più falso!» spiega
la Polizia Postale «Si
tratta dell’ennesima bufala, peraltro di vecchia data. Una bufala che di fatto
rischia di generare diffidenza verso gli appelli simili, inoltrati da Enti e
Associazioni competenti e autorizzate, e dai contenuti veri. Un inutile
spamming, come abbiamo già avuto modo di appurare noi della Polizia Postale anche
in altre occasioni».
Accertato che si tratta
di una bufala abbiamo fatto una ricerca, per cercare di capire come nascono questo tipo
di falsi e, sorpresa, scopriamo che
Elisa Montagnoli esiste veramente e che il numero di telefono citato, molto
presumibilmente era realmente il suo. La notizia la troviamo sul sito internet
dell’ AVIS:
«Ci siamo già occupati diverse volte sia sul sito nazionale sia sui social network degli sms bufala con richiesta di sangue, invitando sempre i nostri donatori a contattare le sedi Avis e i centri trasfusionali per verificare le reali necessità.»Abbiamo voluto però capire qualcosa di più su come nascono, crescono e si alimentano le catene di Sant’Antonio per chiedere sangue. Elisa Montagnoli è una di queste persone, con il suo numero di telefono associato a una serie infinita di post su facebook e messaggi su whatsapp. La sua storia ci aiuta a capire come un appello lanciato in assoluta buona fede possa poi rovinare la vita di chi l’ha inviato.Sempre sul sito dell’ AVIS, leggiamo che la Signora Montagnoli è divenuta, suo malgrado, “vittima di una buona azione”
«Come è nato quel messaggio?», chiede l’intervistatore.
«Innanzitutto vorrei ringraziarvi per avermi contattato. Dopo anni qualcuno cerca di aiutarmi. A gennaio di tre anni fa una collega mi chiese un favore: cercare donatori di sangue per la bimba di sua cugina di Terni, che purtroppo era affetta da un tumore alla mandibola. Sono sempre stata una persona che ha aiutato il prossimo per quanto era nelle sue possibilità. Non potendo donare io il sangue per miei seri problemi di salute , ho mandato il messaggio a tutti i miei contatti.
Da lì è successo l’inverosimile. Non ho
avuto più vita. Sono stata dalla polizia postale, che all’epoca fece un
articolo sul giornale e mi consigliò di cambiare numero. La notizia
meravigliosa che uscì sempre sui giornali locali, era che la bimba era salva
grazie ad una persona che nello stesso tempo non aveva più vita! Adesso ogni
tanto mettono in giro questo messaggio modificandolo. Neanche la polizia
postale è riuscita a bloccare questa catena.»
L’intervistatore, alla luce del suo racconto, chiede ad Elisa: «In cuor tuo riscriveresti ancora quel messaggio? E che consigli daresti alle persone che lo ricevono?»
«Sicuramente lo rifarei a fin di bene, ma col senno di poi non darei il mio numero privato. Per quanto riguarda le persone che ricevono questo tipo messaggio, credo che sia il caso che si accertino della veridicità della notizia, visto che ogni volta il messaggio viene modificato con località divers . Ho ricevuto molti messaggi su Facebook per sapere se ancora fosse vero il messaggio della donazione di sangue, visto che ero sempre io la referente.»
Altro messaggio molto frequente, altra catena : “Dite a tutti i contatti della vostra lista di Messenger di non accettare la richiesta di amicizia di un certo Xxxxxxxx Yyyyyyyy. È un hacker e ha collegato il sistema al tuo account di Facebook. Se uno dei tuoi contatti lo accetta, ti verrà attaccato anche a te, quindi assicuratevi che tutti i tuoi amici lo conoscano. Grazie. Inoltralo come ricevuto. Tieni premuto il dito sul messaggio. In basso al centro dirà in avanti. Fai clic col tasto che fa clic sui nomi di quelli presenti nella tua lista e lo invierà”.
Per l’ennesima volta il popolo della rete inventa un hacker , assetato di dati e privacy, pronto ad attaccare chiunque vi entri in contatto. Nel farlo usa nome e cognome di una persona realmente esistente e rintracciabile su Facebook, contro la quale potrebbe esplodere una vera e propria caccia all’uomo con tutte le conseguenze legali della bufala.
In poche parole: è una bufala. L’ennesima. Non esistono prove a carico della persona tanto nominata sui copia-incolla compulsivi. I nostri consigli:
1)In assenza di prove evidenti evitate di inoltrare messaggi, specie se questi contengono le generalità di una persona a voi sconosciuta;
2)Le catene di Sant’Antonio sono sempre sospette, dunque accertatevi presso la persona che ve l’ha inoltrata sulla loro veridicità (usate domande come Chi te l’ha detto? Chi te l’ha mandato? Sei sicuro di quello che dici?);
3)Ricordate sempre che non esistono bufale innocue: la vostra condivisione potrebbe portarvi al rischio di subire una denuncia in quanto state contribuendo a danneggiare l’incolumità di una persona;
4)Non obbedite passivamente a chi vi chiede di inoltrare e/o condividere: non siete obbligati.
In
questi giorni sta girando per l’ennesima volta la bufaladella
selettività con cui i “nuovi” algoritmi di Facebook darebbero
visibilità solo a una cerchia ristretta di amici, il cui testo – con qualche
variante qua e là – assomiglia molto a questo: “Sembra che FB abbia un nuovo algoritmo che sceglie le
stesse persone (circa 25) che leggeranno i tuoi post. Dicono che, per
aggirare questo, occorra postare questo messaggio (facendo “copia” / “incolla”)
e invitare i lettori a lasciami un commento veloce, un ‘buongiorno’, un
adesivo, o altro. Dopo di che, chi lo avrà fatto dovrebbe apparire nella mia
sezione notizie”.
Un gioco stupido che
viene riproposto di quando in quando e che si prende gioco degli utenti più
acritici. Per la prima volta questo tipo di messaggio è apparso a inizio 2018
quando Facebook ha annunciato l’evoluzione di alcuni algoritmi
prioritari, al fine di dare maggiore
risalto alle notizie ritenute più attendibili e di mettere in
evidenza i contenuti pubblicati dagli amici con i quali sihanno scambi più intensi.
Una funzione introdotta partendo dagli Usa per poi essere allargata agli altri mercati, pensata per rendere Facebook un luogo più stimolante per le discussioni, il più possibile al riparo da bufale e notizie spazzatura.
Le bufale (o mezze notizie) ricorrenti non sono nuove su Facebook. Nel 2015 è apparsa per la prima volta la teoria secondo cui sarebbe stato necessario esplicitare mediante un post la propria intenzione di non dare a Mark Zuckerberg il permesso di usare immagini, contenuti e informazioni degli utenti senza il loro consenso.
Per dare maggiore spessore all’allarmismo generato, si è fatto riferimento a una legge (la UCC 1-308-1 1 308-103) e allo statuto di Roma. La prima è una legge inventata mentre, lo statuto di Roma, disciplina i principi, la giurisdizione e gli organi della Corte penale internazionale; non ha quindi nulla a che vedere con la privacy. Anche questo post ha rifatto capolino di tanto in tanto, facendo ogni volta un numero cospicuo di proseliti (tra i quali molti “non so se è vero, ma nel dubbio, pubblico”.
E che dire, inoltre, della vecchia e periodica bufala secondo cui Facebook a breve sarà a pagamento?.
E queste sono solo un piccolo esempio delle falsità che girano in rete.
Esiste un perché per tutto questo? Solitamente è una semplice presa in giro, per dimostrare quanto siano sprovveduti gli utenti e sfruttare la loro ingenuità come in una gara.
Gli autori sono ragazzini o persone adulte che si comportano come tali per ridere alle spalle degli altri. E i danni reali? Sicuramente un rallentamento globale delle prestazioni di Facebook, che gestisce messaggi inutili e soprattutto allarmanti, senza nessun fondamento.
Quando poi vengono indicati nomi di persone o di gruppi (il più delle volte del tutto innocenti), il danno può essere maggiore in quanto vi sono dei meccanismi automatici che sospendono o addirittura cancellano quei profili, gruppi, pagine che risultano bloccati da un certo numero di utenti.
In poche parole: evitiamo di infastidire i nostri contatti con notizie false e potenzialmente dannose per noi e per loro, se abbiamo qualche dubbio basta incollare le prime farsi della notizia, o messaggio, su Google.
Buona navigazione.
Antonello Rivano