BATTIPAGLIA. VERSO LA MANIFESTAZIONE DEL 6 DICEMBRE
La città di Battipaglia, capofila della Piana del Sele, si trova da anni attanagliata dal problema dei miasmi, da incendi negli impianti di smaltimento rifiuti e dal relativo inquinamento ambientale.
Non pochi problemi da affrontare sia per l’amministrazione comunale, ma soprattutto per cittadinanza che si vede obbligata a chiudere le finestre per non farsi invadere da un odore nauseabondo che pervade la città in alcune ore del giorno e della notte.
L’aumento dei tumori e l’aumento delle malattie respiratorie hanno fatto allarmare chi da anni si batte per una gestione più responsabile sulla questione rifiuti. Una città a prevalente vocazione agricola non può permettersi un carico di rifiuti così alto soprattutto con impianti che hanno problemi strutturali sull’impiantistica dei sistemi anti incendio.
Così nasce il comitato cittadino “Battipaglia dice No”, che nel 2017 manifestò contro l’idea di implementare l’ex Stir con un impianto di compostaggio, poco lontano da quello già esistente nella città confinante di Eboli, che è uno dei responsabili dei miasmi che travolgono la città. A distanza di due anni i cittadini si trovano di nuovo a combattere contro l’ombra di un eventuale ampliazione del quantitativo di rifiuti che arrivano in città.
Dopo gli ultimi due incendi nascono altri comitati di cui parleremo nei prossimi giorni, tutti con l’intenzione comune di evitare scelte che potrebbero peggiorare una situazione che è già complicata.
Così si sente l’esigenza di dare un segnale forte e incisivo con una manifestazione indetta per il 6 Dicembre.
Prima però di scegliere se partecipare oppure no ci sono domande che sorgono spontanee nei cittadini, le porgiamo ad uno degli esponenti storici della comunità battipagliese, Raffaele Cucco Petrone. Consigliere comunale d’opposizione dal ’94 al ’97 e consigliere regionale dal 2000 al 2005, uno che la macchina amministrativa la conosce molto bene, una persona lucida e informata, a cui “piace leggere le carte”, che non sta contro per partito preso, ma entra nel merito delle questioni e che chiede risposte, nonché uno dei fondatori del comitato “Battipaglia dice No” a cui porgiamo alcune domande:
Veniamo subito al punto, come questa manifestazione potrà essere incisiva senza tirare dentro anche l’Amministrazione?
«Il 90% delle persone che parteciperanno non sono né pregiudizialmente pro né pregiudizialmente contro questa amministrazione, il problema non è né il rapporto con l’amministrazione, né che posizione prenderà in questa vicenda. Che la manifestazione serva ad ottenere qualcosa è una certezza che nulla ci può dare, non possiamo essere sicuri che con questa o con altre riusciremo ad ottenere qualcosa, di sicuro se noi non la facciamo e non si struttura un percorso, non riusciremo ad arrivare alla risoluzione del problema. Questo è uno dei passaggi obbligati per cercare di arrivare ad una soluzione. Il problema è che noi dobbiamo comunque provarci. Non siamo contro nessuno, ma siamo contro le 228000 tonnellate di rifiuti che si lavorano ogni anno a Battipaglia. Noi poniamo due tipi di problemi, il primo la quantità dei rifiuti lavorati, secondo la certezza che all’interno dello Stir verrà costruito un impianto di compostaggio che triplicherà il quantitativo di rifiuti che si aggiungerà a quelli già presenti nell’ impianto di Eboli. A prescindere che noi troviamo illogico che a distanza di 100m da un impianto se ne faccia un secondo grande il doppio, è una follia! Noi lottiamo per questi due punti fondamentali, abbiamo il dovere di provarci e il dovere di svegliare la città di Battipaglia.»
Come mai secondo lei è addormentata?
«E’ addormentata per una serie di motivi, primo perché noi siamo una città ma non siamo una comunità, c’è poca capacità di comprendere che la vita di ciascuno è misura della vita di noi altri, la qualità della vita del mio vicino è la qualità della mia vita, a Battipaglia questa consapevolezza non l’abbiamo acquisita. Seconda cosa noi abbiamo dentro di noi il fatalismo tipico dei meridionali, l’idea che tanto non cambia niente, che possiamo sbatterci quanto vogliamo, questo è un atteggiamento che capisco, sono 26 anni che combatto questa battaglia e tante volte ho pensato, ma chi me lo fa fare?»
Questa è un’altra domanda che volevo porgerle, chi glielo fa fare?
«Me lo fa fare l’amore per la mia città, io sono uno che ha non solo ha i genitori che sono nati qui, ma persino i miei nonni”, una rarità, “poi per una questione caratteriale, l’idea che mi posso lamentare solo se ho provato a cambiare una situazione, se non ci provo allora non mi posso lamentare e dato che voglio avere il diritto di lamentarmi allora sento di dover fare questa battaglia, a prescindere dall’esito, e anche se non dovessimo vincerla io voglio avere la coscienza a posto, che la battaglia ho provato a farla, io ed altri come me ci stiamo provando.»
Allora proviamoci!
Francesca Galluccio