IL PARLAMENTO NO DI MIMMO OLIVA
Grande è stata l’indecisione se scrivere o meno un pezzo sul coronavirus. La possibilità di essere banali, inutili e dire, tutto sommato, cose già trite e forse anche qualche fesseria è più che certo. Eppure è innegabile che il fenomeno ci sta travolgendo, tutti e nessuno escluso, e questo impone delle riflessioni. E qualche domanda.
Quanto durerà? Siamo davvero consapevoli che si possa chiudere tutto ciò che ha a che fare con le persone? E quando tutto ciò sarà finito cosa rimarrà di noi, delle Istituzioni, delle attività produttive, dei rapporti tra le persone? E’ quello che si sta adottando il giusto modo di comunicare il fenomeno? Ci sarà un problema di tenuta democratica?
La grande bolla, io così definirei il fenomeno, è indefinibilmente senza tempo e se riusciamo a “digerirne” il concetto saremo costretti a riorganizzare la nostra vita, anche quella particolare, intima, dovremo persino selezionare con chi avere rapporti (e questo non sarebbe proprio un male), decidere se diventare migliori e mettere al centro le cose importanti della vita o diventare peggio di ciò che siamo oggi. Del resto per continuare a portare avanti impegni, scadenze, attività, non possiamo chiudere tutto. E’ questo che si chiede a chi comunica, ancora più nettezza dello stato dell’arte.
Penso che mentre ci accingiamo a cambiare abitudini e a capire meglio cosa stia succedendo, abbiamo il dovere di tentare di fare una vita “normale”.
Mi pongo un quesito che potrebbe sembrare eccessivo: se si propone di “sospendere” le attività del parlamento cosa dobbiamo pensare, a cosa stiamo andando incontro? Intanto abbiamo rimandato il referendum del 29 marzo, per logica si dovrebbero rimandare le elezioni di maggio, e poi e poi…
A settembre che Italia saremo? No, così non va.
Mimmo Oliva