CORONA…SCUOLA
La fatica di continuare a fare scuola, a scuole chiuse, dice chiaro che la scuola è relazione in atto, quasi mai in differita o a distanza. Per alcuni insegnanti questa è una liberazione, perché per loro la relazione con i ragazzi è solo un peso; per altri è invece una privazione, perché la relazione è un modo di essere nella vita e di cercare insieme ai ragazzi più vita, anche se questo costa tanta fatica. Questo fa la differenza. Lo stesso vale per i ragazzi, almeno credo: liberazione o privazione? Che cosa vi manca e che cosa no?
I miei alunni di Quarta e di Quinta riceveranno questo testo in formato digitale e ne dovranno discutere in forma scritta. Parallelamente invierò due foto dal loro libro di storia; si tratta di un approfondimento di storia e cultura dal titolo ‘La grande epidemia’ (la diffusione della influenza ‘spagnola’), saranno invitati a scriverne come se fossero reporter sul luogo del disastro. Faranno simulazione di giornalismo. Ecco tutto quello che sono riuscita ad inventarmi in questi giorni di forzato stop scolastico.
Ho usato la parola ‘simulazione’, probabilmente sfuggita al ferreo controllo del super-io, e non per caso. In effetti stiamo simulando la scuola, non so quanto ne siamo consapevoli.
A me mancano i banchi, la polvere, le finestre affacciate sul ponte autostradale che sovrasta di poco i tetti delle case, le tendine di carta che sventolano al primo venticello primaverile.
Non mi convince questa parata festosa delle didattiche on line, che pure ho dovuto sorbirmi durante gli innumerevoli corsi di aggiornamento, quasi imposti, dal nostro Ministero. Ho sempre avuto l’impressione che dietro ci fossero lauti guadagni per i proprietari dei diritti delle piattaforme on line, a cominciare dai funesti sviluppatori del Registro elettronico.
Il nostro Ministero sa imporre e lo ha dimostrato negli anni; ha introdotto le prove Invalsi, il Registro elettronico, le simulazioni per classi parallele, la didattica per competenze costringendoci ad uniformarci (rendendo vana la libertà di insegnamento, per inseguire indicatori di performance). Ha modificato in corsa l’Esame di Stato 2018/2019 senza tenere conto delle varie anime che si agitano nelle aule scolastiche, svelando il mistero delle tre buste a soli due mesi dall’inizio delle prove.
Tuttavia nel momento più difficile della nostra storia ha dimostrato una sciatteria da domestica malpagata: è stato pubblicato un decreto che sospende le attività scolastiche e quindi manda a casa alunni e docenti. Al contrario il personale amministrativo e i Dirigenti scolastici (per ovvi motivi organizzativi) sono in servizio, un’assurdità sfuggita di mano a chi non conosce la scuola.
Anche se a guidarci è una Dirigente scolastica di fresca nomina.
Non so cosa stia accadendo nelle Università, ma mi giunge voce che anche lì il personale amministrativo è in servizio (e, credetemi, non sono poche decine), i docenti hanno sospeso le lezioni ma sono al lavoro, con molta probabilità si faranno esami e sedute di laurea con accesso contingentato, i lavoratori delle mense continuano a lavorare per gli studenti fuori sede che alloggiano nei pressi.
Questo Ministero non ha colto la complessità del momento, invece di intervenire con provvedimenti netti e chiari lascia che a decidere sia l’Italia dei ‘Mille e più Mille Dirigenti scolastici’. Ai Dirigenti il compito di gestire l’emergenza: organizzare la didattica on line, prendere contatti con i docenti, differire scrutini, in un clima di grande tensione e dubbio. Cosicché a qualcuno potrebbe (dico potrebbe) sfuggire il senso dello Stato e convocare i colleghi ‘per una certa riunione di carattere organizzativa che proprio non si poteva tenere in streaming’. La didattica on line però è diventata obbligatoria. Dunque, prevale l’idea che la scuola sia come la segheria del ragioniere Brambilla , non capisco.
Altra nota dolente il peso della didattica on line e della valutazione via web; non hanno validità se non sono accompagnate da una delibera del Collegio dei docenti, che non può riunirsi per ragioni di forza maggiore. Dopo una giornata consumata a chattare con gli alunni, più o meno preoccupati, ma solleciti nell’inviare i loro ‘materiali didattici’ o i loro ‘prodotti multimediali’, ci domandiamo nel gruppo chat docenti quante ore abbiamo trascorso al lavoro…
Non credo nella didattica alternativa ostentata via social, nei proclami roboanti di insegnanti tuttofare, nelle conferenze stampa delle scuole che funzionano; credo, invece, nel lavoro silenzioso di molti di noi, magari meno performanti, ma più credibili.
Cecità è smarrire il senso dello Stato e dei nostri diritti, ma, forse, li avevamo già smarriti.
Il Coronavirus ci indica, con la freddezza delle percentuali, che è ora di ‘stringersi a coorte’.
Maria Rosaria Anna Onorato