E.U. STA PER EUROPA UNITA?
Prima di entrare nell’argomento ritengo opportuno un breve cenno su cosa abbia significato globalizzazione in questi primi decenni del terzo millennio, cioè da quando la Cina è entrata nel libero mercato (dicembre 2001) a condizioni particolari che però non rispetta.
Ciò è avvenuto grazie anche ai grandi investimenti speculativi fatti dalle grandi aziende occidentali che hanno portato in Cina tecnologie ed eretto stabilimenti per ogni tipo di produzione, giovandosi del basso costo della manodopera cinese (inferiore a un terzo di quella occidentale) e senza alcuna copertura assicurativa.
Globalizzazione non vuole dire lavorare in regime regolato da regole comuni a livello mondiale. Significa, oltre allo sfruttamento della manodopera, al degrado ambientale, disparità sociali e riduzione della sovranità nazionale.
Non prende in considerazione doveri dei datori di lavoro e
diritti per chi il lavoro lo presta.
Fatta questa premessa veniamo allo stato della nostra cara E.U (Unione
Europea).
Prima di tutto viene l’obbligo riconoscere lo straordinario merito dei ventisette paesi aderenti che, dopo aver scatenato due terribili guerre mondiali, nel secolo scorso, con decine di milioni di morti, sono riusciti a progredire per oltre settanta anni nel benessere, senza bisogno di ricorrere ancora alle armi.
Ma dire Europa, o meglio E.U, non significa affatto che i popoli europei abbiano scoperto, in esclusiva, la forma ideale per una crescita culturale, economica e politica senza confini. Anzi, all’interno di questa convivenza di popoli pare sia abituale chiudere un occhio, se non due, su situazioni che portano a riflettere se la democrazia sia un metodo europeo di governo esteso, ma non immune da comportamenti di grave contrasto, come la legalizzazione di paradisi fiscali al suo interno, mentre una volta questi avevano quasi tutti sedi in arcipelaghi lontani (Bahamas, Mauritius ecc.).
Da una ventina d’anni la U.E ha consentito ai grandi complessi industriali di trasferirsi in Lussemburgo, Olanda, portogallo, Irlanda ecc. per pagare meno tasse al paese di origine che, in questo modo, subisce gravi danni di bilancio.
Un altro occhio chiuso è quello che non vuole vedere come la Francia intenda la democrazia in virtù della settecentesca rivoluzione segnata dall’acronimo L.E.F (Libertè, Egalitè, Fraternitè) come una formula governativa valida solo in casa.
L’epoca del colonialismo è ritenuta soprassata ormai da tempo, ciò non corrisponde affatto alla verità. La Francia ha tuttora sotto controllo, finanziario e militare, quattordici stati del centro Africa.
Il fronte più scoperto che trova l’Europa poco unita è quello
della solidarietà umana verso il fenomeno dei popoli migranti (provenienti
anche dal centro Africa) e in questi giorni il comportamento vergognoso rispetto
al dramma della epidemia da coronavirus che, partito dalla Cina, sta dilagando
anche in Europa e in particolare nel nostro paese.
Il trattato europeo di Lisbona del
dicembre art. 168 stabilisce che l ‘unione Euroepa “Completa le politiche nazionali per la prevenzione delle malattie e per
la eliminazione delle fonti di pericolo per la salute” e precisa “comprende la sorveglianza, l’allarme e la
lotta contro gravi minacce per la salute
carattere transfrontaliero”.
Dunque U.E uguale Europa Unita? Sulla carta si (atto costitutivo, trattati, accordi ecc.) ma nel concreto?
Qualche giorno fa, durante la visita al confine greco-turco, dove migliaia di profughi disarmati e inermi (prevalentemente in fuga dalla Siria) vivono in condizioni a dir poco disumane, ammucchiati su una striscia di terra ed esposti ad ogni forma di violenza, la Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha pronunciato questa frase: “La Grecia è il nostro scudo”.
L’Unione è stata costruita con le funzioni di fortezza?
Antonio Marani