STORIE ITALIANE. “DA SASA” a Salerno , il mare in tavola
Tradizione gastronomica, tipicamente salernitana, e fantasia gourmet; qualità eccelsa di pesce – sempre freschissimo (ma, all’occorrenza, anche succulenti piatti a base di carne: tra questi la milza di S. Matteo) – per tutti i gusti e (democraticamente) per tutte le tasche. Si tratta di “Sasà”, ristorante “d’arte” di Salvatore “Sasà” Luongo – sorto nel 1972 a Via Diaz – ora diretto dai fratelli Donato e Michele Luongo in via Degli Orti a Salerno, oggetto di un restyling, con nuovi spazi e atmosfere ancora più intriganti.
Mezzo secolo di storia, di risate, di clienti soddisfatti, ma anche di tanti sacrifici, di impegno, di passione e serietà. Di padre (di nonno, in realtà) in figli, con tanto garbo e simpatia. Salernitani veraci, doc (anche sportivamente).
Prezzi popolari, per tutti, pesce che sa veramente di mare – a chilometro zero, il pescato del giorno. Ogni volta cucinato in modo diverso; grazie alla sapienza e alla maestria (knowledge e know-how) dello chef Michele e del responsabile della sala Donato.
Le pietanze di Sasa’, originali eppure legate alla tradizione dei nostri luoghi: dal “classico” spaghetto ai frutti di mare (cozze, vongole e i rinomati lupini, molto saporiti) alla frittura di paranza e alle cozze ripiene di prezzemolo per arrivare a piatti nuovi e moderni come i “nuovissimi” spiedini di polpo.
Anche i fratelli Luongo hanno – da poche settimane – riaperto i battenti della propria storica attività, a conduzione familiare – dopo gli interminabili mesi di lock-down.
Durante i mesi di chiusura, l’attività (sempre frenetica) della famiglia non ha esitato a “riconvertirsi” (per così dire) “inventandosi” espedienti simpatici e utili alla clientela: dapprima (dopo i momenti più bui, di chiusura totale – ovviamente) la famiglia di Sasà ha fornito cibo d’asporto o “take away” (sempre di gran qualità) agli avventori “bardati di tutto punto” (per sfuggire al contagio). Poi ha esperito la formula dell’home delivering: la “classica” consegna a domicilio, in un certo range attorno alle principali località (viciniori) di Salerno città.
In questo nostro, umile, report cronistico avremmo avuto anche molto altro da scrivere (ad esempio, del rispetto delle ancestrali tradizioni etnografiche del Salernitano e della Provincia – proprio da Sasà, nella preparazione delle leccornie più radicate alla storia dei luoghi; ma questo è un altro fatto, pure molto profondo), ma preferiamo lasciar spazio non solo all’immaginazione, bensì al sapore dei manicaretti di questo “tempio” della cucina (tradizionale ma innovativa) salernitana, campana, meridionale.
Uno dei luoghi “della memoria”, un posto dove è evidente e palese l’attaccamento alle radici degli antenati; degli antichi “patres” che arricchiscono la cultura e il lavoro umano. Il cosiddetto “ideale dell’ostrica” (o “della cozza”) di verghiana memoria.
Anna Maria Noia