Genova. Gabriele Gelatti e il restauro del mosaico in ciottoli di San Bartolomeo della Certosa: le nuove scoperte.
La visita al chiostro di San Bartolomeo della Certosa Genova, con una guida di eccezione, l’artigiano/artista che sta restaurandone il mosaico di ciottoli (Rissêu): Gabriele Gelatti, “ultimo allievo degli antichi maestri liguri”
La visita alla Certosa di Genova Rivarolo è una di quegli incontri che ti rendono grato di essere nato in Italia, e allo stesso tempo, ti amareggiano perché prendi ancor più consapevolezza di come il nostro patrimonio artistico sia, allo stesso tempo, infinito e trascurato, o almeno lo sia stato per lungo tempo, come in questo caso
L’incontro con Gabriele Gelatti è stato “illuminante”. Quando senti parlare di “ultimo erede degli antichi maestri”, così lo ha definito anche “Il Secolo XIX”, magari ti aspetti di trovarti di fronte a una persona altera, con l’aria da saggio artista, tronfio del suo sapere. Poi lo vedi da lontano, accovacciato sul “suo” mosaico, una pila di ciottoli neri e una di bianchi al suo fianco, i famosi “Rissêu” che danno il nome a questo singolare tipo di mosaico, la mazzetta in mano, con i suoi abiti da lavoro le tracce della polvere e della malta che è stata “ricostruita” identica a quella usata in origine, e ti commuovi. Lo vedi, dicevo, intento a “curare” un paziente che racchiude in sé storia, arte e, perché no, anche un filo di mistero, non con un bisturi ma con trapano e martello di gomma.
Il Rissêu
Rissêu è il nome genovese dell’acciottolato, cioè di una pavimentazione in mosaico di ciottoli, lasciando sottinteso il termine “astrego”, lastricato. E’ un particolare mosaico di ciottoli che si è sviluppato in Liguria a partire dal 1400 circa fino alla metà del ’900, con momenti di particolare fortuna tra il 1700 e il 1800, legato al paesaggio, agli spazi dei sagrati liguri, agli specifici materiali naturali presenti nelle spiagge, alle caratteristiche della religiosità popolare e della tradizione nobiliare. Prende lo stesso nome del ciottolo che lo compone, il “rissêu” appunto, il sasso arrotondato trascinato dalla corrente di un ruscello oppure dalla risacca della spiaggia. Il nome è onomatopeico, potrebbe probabilmente derivare dal francese “ruisseau. Ancora oggi per fortuna sono decine e decine le testimonianze di questa tecnica, sparse per tutta la Liguria, da ponente a levante, sia sulla costa che nell’entroterra, con differenze tra zona e zona per i materiali utilizzati, Il chiostro della Certosa di Rivarolo è uno di queste.
San Bartolomeo della Certosa Genova
Il fondatore del Monastero e della Chiesa fu il nobile Bartolino Di Negro; nel 1280 fece donazione di terre dei suoi possedimenti in Rivarolo al Priore generale dei Certosini Bozone, allora in Grenoble, per l’erezione in Rivarolo di un monastero e di una chiesa dell’Ordine. I lavori di costruzione del monastero ebbero inizio nel luglio del 1297. La chiesetta primitiva, identificata da alcuni studiosi nell’attuale cappella di S. Bartolomeo, fu interamente inglobata nella ricostruzione nei sec. XV XVI. Nel 1519 i monaci eressero l’elegantissimo chiostro, il terzo, i cui 20 archi per il lungo e i 12 per il largo poggiano su 32 colonne di marmo bianco ad alto fusto con gli stemmi dei benefattori più insigni: Spinola, Doria, De Negri.
La pavimentazione del chiostro, è la più antica e imponente della Liguria, 36 quadri per una superficie complessiva di 720 metri quadrati, fatti di motivi astratti neri su fondo bianco, molti sono geometrici ma i più affascinanti sono rappresentazioni complesse con figure umane e animali, draghi e pavoni.
Gabriele Gelatti, il restauro e la nuova scoperta.
Gabriele Gelatti è laureato in lettere con tesi sulla storia del cinema. Il lavoro che si è scelto è frutto di altro, non si impara sui libri, è un mix di arte e artigianato, un sapere antico tramandato da maestro ad allievo. Il nostro artista lo ha appreso dall’ultimo dei maestri liguri, Armando Porta, che ha lasciato alla Liguria un patrimonio inestimabile.
Le cose, dai tempi del suo maestro sono cambiate, allora si potevano raccogliere i ciottoli senza limiti, ora per raccogliere quelli necessari a sostituire quelli mancanti del Chiostro della Certosa occorrono permessi dalla Regione e del Demanio.
La cortesia e la disponibilità di Gabriele sono disarmanti, partito con l’intento di realizzare un’intervista mi sono invece lasciato coinvolgere dalla passione con cui mi racconta questo capolavoro, del resto una volta finito di parlare con lui ti rendi conto che ha risposto anche a tutte domande che avevi progettato di fargli.
“I ciottoli bianchi di quarzite li abbiamo raccolti sulla spiaggia di Vesima, quelli neri di serpentino si trovano nel letto del Polcevera, in parte abbiamo riutilizzato quelli originali”
Ci siamo appena dati la mano per le presentazioni, anzi il gomito, visto i tempi, il l “tu” scatta spontaneo e Gabriele inizia a raccontarmi il mosaico, iniziando proprio dalla componente principale, il rissêu.
“Siamo partiti con un’opera di pulizia, rimuovendo gli strati sedimentosi dei secoli, valutato quali pezzi “riparare” e quali quelli da smontare completamente e rifare. Scegliamo i nuovi da inserire per riempire i vuoti, rispettosamente, uno per uno” prosegue poi entrando nel vivo” In alcuni tratti il mosaico era completamente rovinato, delle pezze di cemento avevano sostituito i ciottoli. Logicamente a lavoro terminato si noteranno gli interventi di restauro, in alcuni pezzi meno e in altri di più, specialmente laddove abbiamo dovuto sostituire i ciottoli antichi, levigati dai passi, con quelli nuovi, ma è giusto così, è giusto che il lavoro originale si distingua dai nostri interventi”.
Proseguiamo la nostra visita con questa guida d’eccezione, ci avviamo lungo il tappeto di pietra che i monaci percorrevano magari in preghiera o riflettendo sui misteri della vita.
Questa dove ci troviamo ora è la parte più antica, quella di fronte alla chiesa, i disegni sono più semplici, geometrici. In realtà abbiamo scoperto che questa parte è molto più vecchia di quello che si pensava. Riferendosi alle due date inglobate nel mosaico “minore” si è sempre scritto che fosse stato realizzato tra il 1572 e il 1671. Nella fase di preparazione del nuovo intervento, in un locale abbiamo trovato un frammento di rissêu del corridoio di collegamento con il chiostro “maggiore”: si legge bene la data “1546”, anche se in parte è coperta da un muro di intercapedine moderno appoggiato direttamente sui ciottoli. Un ritrovamento importate perché se il tutto venisse confermato dovremmo retrodatare il mosaico di un quarto di secolo il che lo renderebbe la pavimentazione a rissêu più antica della Liguria. Sino ad oggi quella più antica era considerata la Chiesa Vecchia a Leca di Albenga”
Quella che stiamo facendo è un po una passeggiata nel tempo, siamo passati da una zona a semplici disegni geometrici a un’altra più e elaborata, direi classicheggiante, e, in direzione del portone d’ingresso la prima data in caratteri romani: MDLXXII, 1572572.
“Qua abbiamo dovuto lasciare un piccolo corridoio senza interventi, lo riprenderemo dopo, uno dei locali che si affaccia sul chiostro è stato destinato ad asilo”. Dice Gabriele, indicando una striscia di mosaico che in realtà apparterebbe alla parte già restaurata ma ancora non è stata “trattata”, una specie di terra di nessuno, una zona neutra, uno spazio sul quale far passare i piccoli che frequentano l’asilo, inconsapevoli di dove stanno posando i loro piedini.
Nel frattempo noi, consapevolissimi di dove stiamo posando i nostri di piedi, camminiamo su figure umane al lavoro, fontane, labirinti, sirene e tritoni, è incredibile come il tutto possa essere stato realizzato con dei ciottoli non lavorati dalla mano dell’uomo.
Mi viene in mente quello ho letto su un articolo de “Il Secolo XIX”, una dichiarazione di Gelatti: “Quello che mi affascina di questa tecnica è che le tessere di un mosaico le puoi fare su misura, i ciottoli no, te li regala la natura e tu li puoi solo scegliere, prendendo quello che è adatto per un particolare dettaglio”, ora capisco sino in fondo quelle parole.
Siamo arrivati alla seconda data: MDCLXXI, 1671, novantanove anni dopo.
“Possiamo solo supporre che siano date di inizio e fine lavori. In questa parte si può pensare che il mosaico sia stato fatto seguendo un progetto, un racconto. Gli spazi tendono alla simmetria, un primo labirinto precede la data, un secondo, più o meno alla stessa distanza, la segue”.
Siamo quasi giunti al nostro punto di partenza, chiedo a Gabriele da chi sono finanziati i lavori e chi ne è coinvolto.
“Il restauro è sostenuto dalla proprietà, la Curia, con il coinvolgimento del Municipio e con il concorso di sponsor privati. La direzione dei lavori è della restauratrice Barbara Caranza, incaricata dalla Soprintendenza Alle Belle Arti”
È arrivato il momento di congedarci, Gabriele deve tornare al suo lavoro, “credo che ne avrò per almeno due anni, poi ritornerò a realizzare nuovi rissêu, forse a curarne altri antichi, chissà!” poi prosegue” spero che torniate a vedere il lavoro finito, magari per allora si sarà data una destinazione diversa anche al cortile interno”
Solo ora mi rendo conto che c’è qualcosa che stride, qualcosa che non dovrebbe esserci, ero distratto dalla bellezza, dall’arte, dalla storia, dal racconto avvincente di Gabriele: un campo di calcetto, l’interno del chiosco è stato interamente trasformato in un campo da calcio in erba sintetica, con una recinzione alta oltre tre metri, in rete metallica.
“Sarà così sino a quando non saranno realizzati i campi sportivi del quartiere” anche questa volta ha anticipato una mia domanda e non so se nella sua frase ci sia amarezza o speranza, magari un mix di entrambe, un bianco e nero come i ciottoli che compongono la meraviglia sotto i nostri piedi. Dal canto nostro speriamo che anche quella parte di storia possa tornare a una meritata dignità, degna del suo passato.
“L’ultimo allievo degli antichi maestri” ci saluta e ritorna e inginocchiarsi sul lavoro interrotto. Lo associo agli antichi monaci che hanno calcato quei ciottoli, li immagino inginocchiati e raccolti in preghiera. In fondo sono stati loro a paragonare il lavorare al pregare, ed è un tratto comune anche ad altre religioni. Lasciamo quei luoghi con una speranza, che la parola “ultimo” sia cancellata e che l’allievo si trasformi in “maestro”, magari sostituendo “antichi” con “grandi”, perché Gabriele Gelatti “grande” lo è già.
. fonti: mosaicodiciottoli.wordpress.coom- parrocchiacertosa.it- Ilsecoloxix.it
Le foto del chiostro e del mosaico sono di Enzo Dagnino- elaborazione grafica AntoRiva.
Antonello Rivano
Con la collaborazione di Enzo Dagnino per redazione Liguria
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