Ernesto Mahieux : “Per un attore interpretare i cattivi significa mettersi alla prova”
Picentia Short Film Festival, a Ernesto Mahieux il “Picentia Award alla carriera 2020”
“Grazie Ernesto per essere entrato nella storia del Picentia Short Film Festival”! Con queste parole, la Direzione artistica del Picentia Short Film Festival saluta con soddisfazione una delle parti più emozionanti del Festival conclusosi domenica scorsa 13 settembre; Il premio alla carriera ad Ernesto Mahieux, attore versatile e popolare, celebre volto di fortunate pellicole e che vanta un numero consistente di registi che lo hanno diretto in oltre quarant’anni di carriera
Maestro, Lei appartiene ad una generazione di attori napoletani che hanno tracciato una strada alle nuove generazioni di registi ed attori con le Sue memorabili interpretazioni. Quali sono stati i Suoi modelli?
Lavorare con Ettore Scola è stato un vero onore. Scola è stato un regista che ho molto ammirato e da cui ho imparato tanto, anche per la molteplice varietà dei temi da lui trattati nel corso delle sue opere. Ho apprezzato ed apprezzo anche i più giovani come ad esempio Matteo Garrone. Garrone mi scelse per interpretare la parte di Domenico Semeraro ne “l’Imbalsamatore”. Semeraro era un personaggio spaventoso, un vero criminale. Un giorno, mentre stavo girando un film in Puglia, mi venne incontro un nugolo di agenti della Polizia, tanto che mi spaventai. Mi si avvicinò una poliziotta e si presentò: era Maria Semeraro, la nipote. Ci tenne a ringraziarmi per “l’interpretazione umana che avevo dato allo zio”. Mi disse che, quando fu fatto il sopralluogo in casa sua, trovarono di tutto, dalla droga agli oggetti sadomaso. Quell’interpretazione, per me, fu molto importante.
Interpretare un personaggio così violento ha anche un qualcosa di catartico per un attore?
Io penso che in ogni essere umano, anche nel criminale più efferato e più spietato, vi sia un briciolo di umanità. Non so, però, se questa regola valga anche per quegli energumeni che pochi giorni fa hanno ucciso il povero Willy Monteiro. Questa scintilla di umanità è ciò che ci distingue dalla bestia, anche se a volte dovremmo imparare proprio dalle bestie l’umanità stessa
A giorni cadrà il trentacinquennale della morte violenta del giornalista Giancarlo Siani. Lei ebbe modo di recitare nel film a lui dedicato “Fortapasc” diretto da Marco Risi…
Fortapasc è un bellissimo film, uno dei più belli da me girati. Il mio personaggio, il suo direttore di giornale Sarà, direttore de “Il Mattino” di Napoli, è forse un po’ vigliacco, ma è una vigliaccheria dettata dall’età, dall’esperienza. Egli sa come “vanno le cose”, per cui, mi riferisco alla scena della spiaggia, ammonisce il giovane giornalista.
Siani è stato un vero giornalista, un vero esempio da seguire e un vero ero, assieme a Roberto Saviano. Un giornalista che avrebbe potuto fare una grande carriera e la Camorra e l’Italia non gliel’hanno permesso. Ho avuto modo di conoscere anche il fratello di Marco Siani, Paolo, pediatra, una degna persona come il fratello.
A quel film sono anche legato da un aneddoto storico: all’inizio della mia carriera mi capitava anche di fare i Matrimoni ed un giorno capitai, a mia insaputa, ad un matrimonio legato al clan di Valentino Gionta,il boss che volle la morte di Giancarlo. Fu un’esperienza, seppur breve, che mi fortificò, mi fece vivere da vicino quelle brutte situazioni popolate da loschi figuri. Trent’anni dopo Marco Risi, un bravissimo regista ed una bella persona, mi chiamò a lavorare a Fortapasc”.
Ricordo che proprio in quel periodo perse il padre Dino (stavamo presentando il film ad un Festival di Castel Volturno)
Lei interpretò anche un usurario, Kappadue, nel film di Ale e Franz “Mi fido di te” di Massimo Venier..
Si, anche quello fu un personaggio totalmente negativo che aveva un suo ruolo preciso nell’economia del film. Interpretare i cattivi mi ha sempre affascinato perché significa mettersi davvero alla prova e dimostrare il proprio talento come attore. E’ molto facile, secondo il mio parere, interpretare te stesso. La bravura emerge quando devi portare sul set e sullo schermo un personaggio totalmente diverso dalla tua natura. Lavorare con Ale e Franz, poi, è stata davvero bello. Quando si ha la possibilità di lavorare con bravi attori si costruisce insieme, sempre. Tra i cattivi che ho interpretato c’è anche Erode, in “Chiami Salomè” di Claudio Sestrieri.
Stefano Pignataro
Le foto di copertina e nell’articolo sono di Simone Punzi
Copertina: elaborazione grafica AR per PSAM.