Da Vieste a Torre Dell’Orso: Il mare pugliese e le sue leggende
Si erge imponente sulla spiaggia, di fronte al mare che ondeggia sulla riva. Un’intera struttura in pietra calcarea che si innalza per oltre 20 metri, quasi fosse il guardiano della città di Vieste che si scorge in lontananza. È il faraglione di Pizzomunno, uno degli elementi paesaggistici della “Perla del Gargano” più caratteristici, di cui le tante leggende locali hanno cercato di spiegarne l’origine. La più famosa è quella che narra dell’infelice storia d’amore tra il giovane pescatore Pizzomunno e la bella Cristalda. Un amore che sarebbe stato ostacolato dalle sirene che, ogni volta che incrociavano il ragazzo sulla sua barca, cercavano di ammaliarlo, senza mai riuscirci. Una fedeltà che costò cara ai due innamorati, poiché le sirene, non riuscendo nel loro intento, rapirono la ragazza portandola negli abissi del mare. Si dice che Pizzomunno sia rimasto talmente impietrito dal dolore per la perdita della sua amata da trasformarsi nel faraglione che ancora oggi si può ammirare sulle spiagge che portano il suo nome. Non tutto, però, sembra essere perduto: leggenda vuole che ogni cento anni i due innamorati si rincontrino per una notte, per poi ritornare all’alba al loro triste destino.
Una storia che ricorda quella legata a Santa Maria di Leuca, una dei luoghi più suggestivi del Salento, dove il Mar Ionio e il Mar Adriatico uniscono le loro acque. Anche qui una coppia di giovani innamorati, Melisso e Aristula, sarebbe stata vittima di un sortilegio da parte di Leucasia, una bellissima creatura tutta bianca, metà donna e metà pesce, invaghitasi del ragazzo senza esserne però ricambiata. Un giorno, alla vista dei due che si abbracciavano sulla scogliera, piena di rabbia e gelosia, Leucasia alzò con la sua coda e con il suo fiato un vento fortissimo che trascinò via i due ragazzi, facendoli sbattere violentemente sugli scogli fino a farli morire. Leucasia terminò la sua vendetta separando i loro corpi e lasciandoli sulle due punte opposte del golfo, per tenerli divisi per sempre. La dea Minerva, assistendo all’accaduto e presa da compassione, trasformò i corpi di Melisso e Aristula in pietra, come simbolo di eternità, e punì Leucasia, pietrificando anche lei e tramutandola nella bianca città di Leuca.
Una storia a lieto fine si cela, invece, dietro la nascita della Grotta Zinzulusa, una delle più famose e spettacolari tra quelle salentine, ubicata nella località di Castro. Secondo quanto si tramanda da secoli, dimorava in questi posti un ricco barone crudele, rimasto vedovo e talmente avaro da costringere la figlia a una vita di stenti. Una fata, vedendo la giovane così infelice e vestita di stracci, la portò via, dandole abiti nuovi e tutto ciò che fino ad allora le era mancato e facendola sposare con un principe. Le vecchie vesti consumate della ragazza furono gettate nel mare e andarono a finire sulle pareti di una grotta dove diventarono formazioni calcaree. Il nome “Zinzulusa” deriva proprio da zinzuli, un termine dialettale che indica, appunto, la parola stracci. Qui, inoltre, fu fatto sprofondare il barone, punito per la sua cattiveria, ed emersero addirittura delle acque provenienti dall’Inferno che ora formano il laghetto Cocito.
Un’altra spiaggia del Salento, Torre dell’Orso, non si sottrae alle tante leggende che animano i posti marittimi pugliesi. Su queste coste, in una calda giornata estiva, due giovani sorelle si sarebbero recate per sfuggire alla dura vita nei campi e cercare un po’ di riposo. Decisero si soffermarsi sulla scogliera per godere della bellezza del mare. Ma la tragedia era dietro l’angolo. Una delle due ragazze, infatti, presa dal desiderio di assaporare ancor meglio la brezza marina e il refrigerio del mare, si sporse troppo fino a perdere l’equilibrio e a finire in acqua, cadendo nel vuoto da diversi metri. L’altra sorella, sentì le urla della sventurata che chiedeva aiuto e, senza pensarci due volte, si gettò in mare per salvarla. Entrambe, però, non riuscirono a ritornare a riva e i loro corpi furono risucchiati dalle acque. Secondo la credenza popolare, gli dèi ebbero pietà di loro e le trasformarono in roccia. Si dice che solo un pescatore sentì le urla delle due malcapitate, ma, una volta avvicinatosi al punto da cui esse provenivano, vide solo due suggestivi faraglioni che uscivano dall’acqua stringendosi in un abbraccio.
Queste e tante altre leggende aleggiano ancora oggi in tutta la Puglia, nate, molto probabilmente, per dare una spiegazione più affascinante alla presenza di faraglioni, grotte e città caratteristiche sulle coste pugliesi, con elementi ridondanti come quello di un amore infelice o di essere divini che decidono le sorti dei protagonisti con il loro intervento. Il mare, dunque, con le sue profondità e le sue atmosfere, si presta perfettamente come teatro di storie leggendarie che esso conserverà perennemente.
Giovanna Ciracì