Quando l’autisio è tutta una questione di “storytelling”
Entrare in una categoria a tutti i costi costringe a rendersi più piccoli. Implica una riduzione in scala che non assicura fedeltà all’originale. Eppure entrare in una categoria è la nostra costante preoccupazione. Roberta ha scommesso sul linguaggio e sul racconto, facendo uno sforzo straordinario: parlare del suo fighissimo Totò su Facebook. “Vi raccontiamo l’Autismo RobertaBeppe”, oggi è seguitissima. Ogni post di Roberta Buzzi raccoglie in media 200 like e altrettanti commenti.
Roberta, a me interessa il tuo modo di raccontare l’autismo attraverso i social. E quindi ti chiedo com’è partita questa idea?
«L’idea è nata un po’ per volere e un po’ per bisogno. Il voler provare attraverso il racconto della nostra storia, far conoscere una delle tante sfumature di questo disturbo. Amo i colori e mi piace definire il problema di mio figlio in questo modo… una sfumatura all’interno di una tavolozza… Tutti i colori stanno su quel pezzetto ovale di legno, ma ognuno ha la propria tonalità, luminosità… una metafora colorata per descrivere il disturbo autistico».
Roberta è la prima a riconoscere i sintomi e a raccontarli a se stessa e a chi la circondava.
«La diagnosi è la stessa per molti bambini, ma le loro caratteristiche e i loro bisogni sono unici di conseguenza unico sarà il loro progetto psicoeducativo. Mi piacerebbe che chiunque capisse che di autismo se ne può parlare senza averne troppa paura. Il pregiudizio è figlio di una scarsa o errata conoscenza. Per questo abbiamo deciso di mettere a disposizione la nostra storia. È divenuto anche un mio bisogno. Amo scrivere, da sempre. La scrittura è la coperta calda del mio dolore fin da ragazzina. La penna e l’inchiostro nero da sempre danno senso e utilità ai miei pensieri e alle loro inquietudini. Raccontare e scrivere mi ha ridato pace».
I suoi pensieri vengono fuori di getto. Pensieri d’amore per il suo bambino, la sua vita che è tanto cambiata, il suo compagno d’avventura e tutto il mondo che ruota attorno a loro e al loro immenso amore.
Ho letto un post in cui racconti quanto sia spiacevole essere chiamata la mamma del bambino autistico e non semplicemente mamma, come tutte le alte.
«La frase detta di per sé è insignificante, ha poco valore e non è neppure particolarmente offensiva. È ciò che la contiene che la riempie di pesantezza e pericolosità. È una frase che svilisce la persona ed è poco rispettosa di quel disturbo, che come qualsiasi altro disturbo, tanto andrebbe toccato con delicatezza e sapere. Etichetta e stigma hanno vecchia e noiosa storia che si trascina da tempi remoti, è difficile da rimuovere, ma non per questo occorre gettare la spugna, anzi al contrario occorre continuare a riempirla di sapone e strofinare forte su quelle parole. Quando ci si espone è naturale avere chi condivide il nostro pensiero e chi no, è giusto così… ma il rispetto è tutt’altra storia».
Artistico è diventato autistico. Rendere funzionali le azioni per far stare bene tuo figlio, creare la storia e viverla insieme a lui. Se dovessi spiegare questa “magia” cosa diresti?
«Il gioco è qualcosa che viene naturale fare a un bambino. Pensiero comune. Ai bambini con disturbo dello spettro autistico, invece, va insegnato. Se penso alla mia storia forse è ciò che inizialmente ha generato in me più dolore, impossibilità di poter giocare col mio piccolo Totò. Il suo sguardo si perdeva spesso tra la polvere illuminata dai raggi del sole. Il suono delle mie parole sembrava non aver alcun significato preferiva buttare a terra i giocattoli per poi sorridere quando sentiva il loro suono contro il pavimento. Poi mi hanno spiegato che, piano piano sarei potuta far parte di quel suo modo di giocare e avrei potuto renderlo funzionale. In punta di piedi, rispettando i suoi tempi… ho imparato a infilarmi nei suoi interessi… Lui buttava il gioco e io con un secchiello cercavo di prenderlo per poi iniziare a ridere insieme… è partito tutto da lì… da un secchiello blu e da una macchinina rossa…!».
Come si racconta alla famiglia l’autismo? Come avete fatto a superare l’incubo dell’annullamento e della chiusura verso l’esterno?
«Per me non è sempre stato così facile parlare di autismo. È servito tempo, e molto, e, probabilmente, ne servirà altro. Quando ho iniziato a capire e dare un nome al problema di mio figlio è stato come se fossero arrivati i ladri in casa e avessero spazzato in aria sogni, progetti, aspettative e anche le relazioni. Nulla è rimasto uguale a se stesso dopo aver avuto quel referto. Il senso di ingiustizia, la rabbia e i sensi di colpa sempre presenti, in prima linea, assillanti. Non mi hanno dato pace per parecchio tempo. Questo è successo a me, ma anche al mio compagno e alle nostre famiglie. Perché l’autismo è entrato anche nelle loro case».
E poi?
«Poi ho pensato che non avrei dovuto e potuto e voluto passare il resto della mia vita a rimuginare sul mio dolore alla ricerca di un perché. Dovevo a me stessa a mio figlio e al mio compagno un’altra possibilità. Un nuovo modo per ritornare a sorridere. Ho affidato lui a terapisti esperti e ho affidato il mio dolore a una guida. Ho cercato di riprendermi in mano cercando di concentrare le energie su ciò che da sempre amo… musica e scrittura… E così, piano piano… raccontandoci… ho trovato pace… e così la mia famiglia… il percorso è lungo siamo consapevoli che ancora parecchio c’è da fare… ma certi che la vita è un viaggio che vale la pena fare… sempre… nonostante qualche sosta inaspettata».
Oggi la sua vita di racconto continuo e prezioso è diventato anche un libro. “Dolceamaro”, Il Fiorino edizioni, è il racconto dettagliato della storia. Totò, la diagnosi, la vita dopo e la vita durante. Le preoccupazioni, la corsa, l’ansia, il dolore, le aspettative, il futuro.
Roberta racconta ogni giorno attraverso le immagini perché da soli non si giunge alla salvezza. Le cose più belle si fanno insieme e il principio della condivisione è sacrosanto. Tutto questo diventa prima di tutto un grande esperimento, riuscito, di storytelling, un modo nuovo di raccontare e di raccontarsi.
Grazie, Roberta!
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La rubrica “Diversamente Fighissimi” ringrazia Roberta. Benvenuto tra noi, fighissimo
Totò!
Anita Santalucia