Siamo frutto del caso?
Padova – Jacques Lucien Monod (Parigi, 1910 – Cannes, 1976) è stato un biologo e filosofo francese. Dal 1945 al 1953 diresse il reparto di biologia cellulare dell’Istituto Pasteur di Parigi. Grazie alle sue ricerche sui geni regolatori, nel 1965 gli fu assegnato il premio Nobel per la medicina e la fisiologia, assieme a François Jacob e André Lewoff. Nel 1953 James Watson e Francis Crick scoprirono la struttura del DNA (acido desossiribonucleico) e il suo meccanismo di replicazione. La scoperta della doppia elica consentì di comprendere come l’informazione genetica viene trasmessa alle generazioni successive. A questo punto bisognava mettere in luce i meccanismi molecolari, genetici e biochimici, che fanno funzionare gli organismi viventi. Nel 1960 Mono e Jacob elaborano una teoria della regolazione e del controllo dell’espressione nei geni, chiamata modello dell’operone, che sarà confermata sperimentalmente.
Nel 1970 Monod, pubblica “Il caso e la necessità”, un’opera destinata a fare epoca non solo perché venivano esposte con chiarezza le nuove scoperte scientifiche nel campo della biochimica molecolare e della genetica, ma rappresenta tutt’oggi un testo altamente filosofico che mette in evidenza il rapporto tra scienza e valori etici. Secondo Monod, gli organismi viventi sono delle “macchine chimiche” autonome, cioè dei sistemi chiusi che contengono tutte le informazioni necessarie al proprio funzionamento. Le trasformazioni che avvengono nella struttura del DNA non possono essere causate da interazioni dell’organismo con l’ambiente ma sono frutto del caso. Le alterazioni nel DNA, dice Monod nel suo libro: «Sono accidentali, avvengono a caso. E poiché esse rappresentano la sola fonte possibile di modificazione del testo genetico, a sua volta unico depositario delle strutture ereditarie dell’organismo, ne consegue necessariamente che soltanto il caso è all’origine di ogni novità, di ogni creazione nella biosfera. Il caso puro, il solo caso, libertà assoluta ma cieca, alla radice stessa del prodigioso edificio dell’evoluzione: oggi questa nozione centrale della Biologia non è più un’ipotesi fra le molte possibili o perlomeno concepibili, ma è la sola concepibile in quanto è l’unica compatibile con la realtà quale ce la mostrano l’osservazione e l’esperienza. Nulla lascia supporre (o sperare) che si dovranno, o anche solo potranno, rivedere le nostre idee in proposito».
Tuttavia, dal momento in cui la modifica nella struttura del DNA si è verificata, essa verrà inevitabilmente e necessariamente riprodotta e tramandata alle generazioni successive: «Ma una volta inscritto nella struttura del DNA – continua Monod – l’avvenimento singolare, e in quanto tale essenzialmente imprevedibile, verrà automaticamente e fedelmente replicato e tradotto, cioè contemporaneamente moltiplicato e trasposto in milioni o miliardi di esemplari. Uscito dall’ambito del puro caso, esso entra in quello della necessità, delle più inesorabili determinazioni. La selezione opera in effetti in scala macroscopica, cioè a livello dell’organismo». Alla luce delle nuove scoperte scientifiche della biochimica molecolare di Monod, veniva escluso un disegno o un progetto dietro l’origine e l’evoluzione del processo evolutivo, così come una direzionalità nel processo evolutivo. Gli organismi hanno proprietà teleonomiche e tutto è frutto di un caso. Il termine teleonomiche è stato introdotto proprio da J. Monod per indicare il finalismo insito nelle strutture e nelle forme tipiche degli organismi viventi, dovuto all’azione della selezione naturale, che favorisce le strutture e le funzioni adatte allo svolgimento delle attività vitali ed elimina quelle inadeguate.
L’opera non è pervasa dal pessimismo, anzi; alla fine del suo libro Monod auspica un’etica della conoscenza alle radici della scienza stessa e sogna quello che lui chiama il «Regno trascendente delle idee, della conoscenza, della creazione. Regno che è insito nell’uomo e in cui, liberato sempre più dai vincoli materiali e dalle schiavitù menzognere dell’animismo, egli potrebbe finalmente vivere in modo autentico». E così conclude: «L’antica alleanza è infranta; l’uomo finalmente sa di essere solo nell’immensità indifferente dell’Universo da cui è emerso per caso. Il suo dovere, come il suo destino, non è iscritto in nessun luogo. A lui la scelta tra il Regno e le tenebre».
La scienza contemporanea, dalla biologia molecolare alla fisica quantistica, si orienta ormai prevalentemente verso l’indeterminismo e l’irreversibilità dei processi evolutivi.
Sante Biello