CALASETTA, FESTA DELL’UVA. LE TRADIZIONI E LA CONTINUITÀ.
Nelle
giornate del 7 e 8 Settembre si è svolta a Calasetta la tradizionale Festa
dell’uva.
La manifestazione, prevista per l’ 1 e il 2 Settembre ma rinviata a causa del
maltempo, si è svolta in un clima di
entusiastica partecipazione. Tra i patrocinanti l’associazione “Ancilla Domini”,
promotrice dal 2003 della manifestazione, la Pro Loco, Il Centro Commerciale
Naturale e il Comune di Calasetta.
A Calasetta sono arrivato Domenica 8 Settembre, di primo pomeriggio, alcune ore prima degli appuntamenti principali della manifestazione: la sfilata allegoria, la proclamazione della reginetta della vendemmia 2019 e la premiazione del miglior Carro. Ho deciso di arrivare in un momento di calma per meglio assaporare il clima di questa cittadina, farmi avvolgere dal fascino multietnico delle sue strade, dal suo essere un po’ Tunisia, Liguria, Piemonte e, quasi in secondo piano, Sardegna.
Secondo centro
abitato , in ordine di grandezza, dell’Isola di Sant’Antioco, ha nelle sue
radici non la storia sarda ma quella dell’epopea tabarchina e, come la vicina
Carloforte nell’isola di San Pietro, tradizioni che vengono da altri tempi,
altri luoghi.
E’ un pomeriggio di inizio Settembre, il che dovrebbe preludere all’imminenza
dell’autunno, ma a Calasetta sembra di essere in piena estate, le vie dritte e
in salita che diventando discese, corrono verso il mare, intersecate da altre
che le tagliano, dritte, a ricordare la pianta di Torino, città piemontese così
come l’origine di molti calasettani, coloni che in un secondo tempo si unirono
a quelli liguri provenienti dalla terra
tunisina.
E’ questo connubio che si respira tra le case bianche e azzurre, che nel loro
aspetto richiamano a tratti la provenienza sud mediterranea e nel nome delle
vie il resto della storia, come Via dei Piemontesi, o via dei Lommelini, quest’ultima
in ricordo dei signori genovesi che portarono i primi
coloni da Pegli a Tabarca per la pesca del corallo.
Un silenzio irreale avvolge il tutto, Calasetta riposa, in attesa della festa.
Il caso mi fa passare accanto a un
edificio bianco a due piani, mi colpisce l’insegna : “Raixe”, più sotto si specifica
“Spazi digitali per la cultura tabarchina”, so di che si tratta perché in
qualche modo vi sono coinvolto, ed è un altro fondersi, questa volta le radici
(Raixe, in tabarchino), la storia e le storie, si fondono con i moderni mezzi
di archiviazione e divulgazione.
Un’occhiata
all’orologio mi ricorda che è ora di andare, devo vedermi con il presidente
dell’ associazione “Ancilla Domini”, Fabrizio Schirru.
Incontro Fabrizio in piazza, la stessa dove avverranno le premiazioni e dove, lunedì scorso si sono esibiti i Trilli, storico
gruppo musicale genovese, un altro modo per suggellare e ricordare legami che
vanno oltre il tempo.
Fabrizio è trafelato, preso dai mille impegni che l’organizzazione di una manifestazione di questo tipo comporta. Facciamo una chiacchierata, il termine intervista in questi casi è fuori luogo, mentre ci avviamo verso il punto di partenza della sfilata allegorica: la cantina sociale di Calasetta fondata nel 1936.
Il presidente dell’ Ancilla Domini mi racconta qualcosa sulla festa dell’uva, o “Viva l’uva” come è ora chiamato l’evento. La festa è nata nel 1954, ed la manifestazione regina della comunità Calasettana. Nel 1984 si ha una battuta d’arresto, causa l’espianto della maggior parte dei vigneti, tanto che dai 50.000 quintali di uva Carignano, conferiti dai soci alla cantina, si è passati agli odierni 5.000 in annate ottimali.
Nel 2003, anno
ufficiale della nascita dell’associazione, l‘Ancilla Domini riprende la
tradizione e si fa promotrice della festa, evento importantissimo per la
valorizzazione delle produzioni locali, della cucina e soprattutto della vite e
del vino da essa prodotto: il Carignano, tipico della zona.
Nel piazzale della cantina c’è parecchia
animazione, noto dei trattori d’epoca , che faranno parte della sfilata, e
alcuni carri allestiti per l’occasione, in mezzo a tutto questo un via vai di
bimbi vestiti da contadinelli, le bambine sono le aspiranti al titolo di Reginetta
Della Vendemmia 2019.
Fabrizio si scusa e si allontana per coordinare la sfilata, portatile alla
mano.
Intanto che attendiamo l’inizio della parata, in ritardo per via dell’attesa dell’arrivo
di alcuni cavalieri, ho occasione
di parlare con delle signore. Pure loro mi raccontano della festa, e di come,
negli anni, la partecipazione sia un po’ calata, soprattutto per quanto
riguarda la sfilata dei carri allegorici.
Credo che questa ultima considerazione sia applicabile a tutte le tradizioni popolari che subiscono battute d’arresto e vengono riprese in un secondo tempo. Ciò fa ancora più onore a quelle associazioni che, come quella Calasettana, si rimboccano le maniche e mettono fondi ed energie a disposizione del territorio e delle sue tradizioni. Va fatta menzione della loro capacità organizzativa, capace di mettere in movimento, in questo caso, una massa di duemila persone tra locali e del circondario.
Il corteo vede
in prima fila cavalli e cavalieri, segue un variopinto carretto trainato da un
asinello, altri carri allegorici e i rumorosi trattori d’epoca. Il Tutto
contornato da adulti e bambini vestiti da contadini, o meglio da vendemmiatori.
Tanta la gente che fa da cornice, lungo il percorso.
Alla fine siamo in pazza, la stessa piazza in cui prima ho potuto sostare sui
gradini del piedistallo della statua al suo centro, e scrivere l’inizio della
bozza di questo articolo, ora è invasa da persone vocianti, si attende la
proclamazione che investirà la Reginetta
e la premiazione del carro più bello.
Il poliedrico,
e instancabile, Fabrizio ora è in veste
di presentatore, sul palco le reginette che scandiscono i loro nomi, alcune più
spigliate, altre meno, una che si richiude in ostinato silenzio, sembrano tutte
delle bellissime contadine in miniatura.
Al momento dell’ investitura assistiamo al rifiuto, categorico, della neoreginetta,
dal voler indossare la fascia e concedersi ai fotografi, viene da pensare: beata
innocenza.
Il carro premiato
sarà “A vendemmia du Piero”, il carretto trainato dall’asinello, adornato da
pampini e favolosi grappoli di uva nera e bianca, al suo interno una vecchia
macina per l’uva, una botticella e una
damigiana, il tutto accompagnato da corposi contadini e belle contadinelle, a
cassetta un bimbo con un capellaccio di paglia, in esso l’emblema stesso della
vendemmia e dell’ auspicato ricambio generazionale con il mantenimento delle
tradizioni.
Fabrizio ha la voce rotta dalla commozione, anche se cerca di dissimularla con
battute, mi chiedo perché, ma poi dalle sue stesse parole capisco: «Piero è stato un personaggio importante per
le passate edizioni della festa, uno che ha dato il suo apporto, una parte di
quei “contadini” che sono attorno al carro sono probabilmente suoi figli o
nipoti». Nel momento stesso in cui capisco, penso anche che la giuria non
poteva fare scelta migliore, quel carro allegorico rappresenta quello che “Viva
l’uva” vuole essere principalmente, un modo per continuare una tradizione che
non può e non deve morire.
Il presidente saluta, ringrazia e da appuntamento alla nuova edizione, Il
prossimo anno sarà sicuramente un’edizione speciale in quando coinciderà con il
250° della fondazione di Calasetta.
La serata è continuata con la degustazione del tipico “cascà calasettano” e dei vini della cantina sociale di Calasetta. La degustazione dei vini era guidata da giovani sommelier locali.
Si è concluso in musica, come ogni festa che si rispetti ed io ho fatto ritorno a un’altra isola, una trentina di minuti di traghetto, un altro brandello di terra appoggiato sul mare. Forse le isole hanno la capacità di stregare gli uomini, ammaliarli, farli innamorare, forse sono io che, in qualche modo, figlio di entrambi questi posti, Carloforte e Calasetta, appena partito, non vedo l’ora di ritornare.
Antonello Rivano