INCONTRIAMO LUCIA DOVIGO, PRESIDENTE NAZIONALE DI “AIRETT”
Il 10 novembre a Padova si è svolto un evento importante promosso dall’Associazione Italiana Rett (AIRETT) presso Radio City Music Hall con il patrocinio del Comune di Padova. Tante le famiglie presenti, unite tra loro dalla stessa sorte ma anche da una grande forza di volontà, coraggio e determinazione. Come da anni ormai, l’intento di AIRETT è quello di sensibilizzare le persone sulla sindrome di Rett, una patologia rara e progressiva dello sviluppo neurologico di origine genetica che colpisce quasi esclusivamente le bambine durante i primi anni di vita. All’evento erano presenti Rosanna Trevisan, referente del Veneto e Lucia Dovigo, Presidente Nazionale AIRETT. Abbiamo colto l’occasione per porre alcune domande proprio a Lucia Dovigo e conoscere più da vicino la storia dell’Associazione, gli obiettivi e i progressi scientifici raggiunti finora.
Come nasce l’Associazione Italiana Rett, AIRETT?
«AIRETT è nata trent’anni fa a Siena per volontà di alcune famiglie che si erano ritrovate completamente sole con questa malattia stranissima che nessuno conosceva. Il primo obiettivo è stato quello di confortarsi a vicenda. Col tempo ci si rese conto che non bastava confortarsi ma bisognava scendere in campo perché la ricerca era inesistente. I medici stessi non conoscevano la sindrome di Rett, per questo doveva essere l’Associazione a farsi portavoce e ad informare sulla patologia.»
Quali sono stati i progressi della medicina in questi ultimi trent’anni?
«La medicina ha fatto tantissimi passi in avanti. Trent’anni fa la diagnosi era solo clinica, da alcune caratteristiche si desumeva che fosse la sindrome di Rett. Nel 1999 è stato scoperto il gene responsabile della patologia che è il MECP2 quindi adesso, tramite una diagnosi molecolare, sappiamo che nel 90% dei casi si tratta della sindrome di Rett. Notevoli passi in avanti sono stati fatti anche sotto il profilo della gestione delle bimbe nella vita quotidiana.»
La sindrome di Rett colpisce soprattutto le bambine?
«Per il 99,9% colpisce le bimbe ma perché i bimbi non sopravvivono, infatti la sindrome colpisce il cromosoma x. È una malattia se vogliamo strana, molto eterogenea; nella maggior parte dei casi le bimbe fanno un percorso normale, poi verso i 18-24 mesi cominciano a perdere la deambulazione, l’uso delle mani e la parola. È proprio in questa fase che bisogna intervenire perché si può quanto meno rallentare il percorso della malattia, intervenendo da un punto di vista motorio e cognitivo; le bimbe infatti sviluppano tutta la parte cognitiva e se non si interviene subito si richiudono in se stesse, si isolano.»
E fondamentale quindi informare
«L’associazione informa non solo le famiglie ma soprattutto i medici di base e i pediatri perché anche loro, soprattutto all’inizio, non conoscevano la malattia. l’Associazione prende per mano le famiglie ed insieme si inizia un percorso. Bisogna bandire la frase “non c’è più niente da fare” perché non è vero, anzi c’è tanto da fare; l’Associazione è vicina ai genitori e dà tutte le indicazioni necessarie.»
Attualmente quante bimbe sono affette dalla sindrome di Rett?
«Le statistiche dicono che una bimba su diecimila è affetta dalla sindrome di Rett. In italia ci sono circa tremila bimbe con questa patologia.»
È stata individuata la causa della malattia?
«Come dicevamo prima è stato individuato il gene responsabile della malattia ovvero il MECP2 ma chi sia il portatore sano quello è ancora in fase di studio. Ci sono ad esempio famiglie che hanno una bimba sana e una bimba malata, quindi da questo punto di vista si sa ancora poco.»
Quali sono le iniziative dell’Associazione per sensibilizzare questo problema?
«A me piace dire che AIRETT si muove a 360° perché purtroppo la malattia rara non è interessante da un punto di vista economico, per questo l’Associazione finanzia la ricerca e i progetti, inoltre abbiamo i nostri centri ai quali diamo delle borse di studio. In Italia abbiamo cinque centri clinici dove noi paghiamo una borsa di studio ad un medico che prende in carico la bimba e la segue. Poi c’è tutta una rete scuola e centri di riabilitazione motoria. Quando le famiglie ci contattano, cerchiamo di aiutarle e dare le migliori indicazioni sui centri clinici ai quali affidarsi, oltre a dare un supporto terapeutico a domicilio.»
Dove si trovano i centri clinici?
«L’Associazione collabora con il Gaslini di Genova, col San Paolo di Milano, con Le Scotte di Siena, con il Bambin Gesù a Roma e con il policlinico di Messina. Per quanto riguarda la ricerca genetica lavoriamo con il CNR di Napoli, Pisa, con l’Istituto Mario Negri di Milano e l’Università di Torino.»
Quali sono gli obiettivi dell’Associazione?
«Gli obiettivi sono ambiziosi, innanzitutto arrivare ad una cura, quello sempre. Lo dobbiamo alle future bimbe Rett e alle famiglie. L’altro obiettivo è quello di trovare degli ausili, delle modalità di riabilitazione adatte per le bimbe. Dobbiamo tener presente che le bimbe comprendono e noi dovremmo riuscire a trovare le modalità migliori per capire i loro bisogni.»
Le bimbe con la sindrome di Rett fanno un percorso scolastico come tutti i bambini
«Spesso la famiglia è spaventata nel dover inserire la propria bambina in una scuola insieme a tutti gli altri bimbi ed è più portata ad inserirla in qualche centro. Noi come Associazione e io come mamma dico che le bimbe devono essere inserite nella scuola statale perché è una fonte di stimoli e di risorse. Noi siamo anche riconosciuti dal MIUR come ente formatore per cui gli insegnanti possono anche contattarci e seguire dei corsi formativi. Tra l’altro abbiamo anche un corso online sul nostro sito www.airett.it».
Sante Biello