“COSÌ PARLÒ BELLAVISTA” IN SCENA AL PROSCENIO DI ISERNIA
E’ nel suo cenacolo che il professor Bellavista raduna i suoi “discepoli” per dilettarsi nell’esposizione delle sue teorie secondo cui l’umanità è suddivisa in due categorie: gli uomini “d’amore” quelli che vivono d’istinto, di passione e gli uomini “di libertà” che si oppongono al potere che frena i sentimenti. Per cui, il protagonista filosofo, pur ritenendo che egli stesso ed i napoletani appartengano alla prima categoria, cerca una via di mezzo: l’uomo, qualsiasi sia l’appartenenza ad un luogo piuttosto che ad un altro, dovrebbe essere metà “d’amore” e metà “di libertà”. Ma il napoletano autentico proprio non riesce a sradicare queste radici ben piantate nel sentimento ad ogni costo e sembra essere in eterno contrasto con gli uomini del nord incentrati sul lavoro, sulle regole, sulla propria individualità. L’adattamento teatrale di “Così parlò Bellavista” del compianto Luciano De Crescenzo è approdato ad Isernia, riscuotendo un meritatissimo successo e consenso di pubblico, grazie alla trasposizione teatrale ideata dal regista ed attore Salvatore Mincione Guarino che sul palcoscenico del nuovo spazio “Il Proscenio”, in corso Risorgimento e sede della scuola di teatro da lui diretta, porta con sé i suoi attori della compagnia Cast che interpretano le scene più esilaranti tratte dal film diretto proprio dallo scrittore De Crescenzo. In non facili ruoli che hanno descritto la mentalità ed il carattere estroso dei napoletani, i personaggi ( tra questi: Gaia Rossi nel ruolo della moglie di Bellavista e sua figlia interpretata da Giulia Troise che si occupano del nonno Antonello Buondonno ) hanno ruotato intorno al professor Bellavista, filosofo ed indagatore del senso della vita interpretato da Pietro Ranieri che, con la sua amabile dialettica, intrattiene gli amici Salvatore, interpretato da Salvatore Micione Guarino, portiere del palazzo di via Foria (la scenografia ha ripreso la facciata del palazzo in cui negli anni Ottanta venne girata la pellicola), Saverio un tuttofare messo in scena da Giovanni Gazzanni e Luigi il poeta interpretato da Simone Di Perna che debbono fare in conti con l’uomo delle pompe funebri (anche nel ruolo del tassista) Mattia Rodi e con una “quasi” isterica cameriera inscenata da Asia Franceschelli. Le conversazioni si susseguono anche intorno ad altri suggestivi personaggi che hanno riproposto scenette divertenti come “il banco lotto” “la lavastoviglie”, “il cavalluccio rosso” (che ha visto partecipare nel ruolo dei “guagliuni”, i più piccini della scuola di teatro del Cast e che fu interpretato all’epoca da un bravissimo Riccardo Pazzaglia). I contrasti tra il professor Bellavista ed il direttore dell’Alfasud, il milanese Cazzaniga, nel ruolo Pasquale Marcucci, che abita nello stesso palazzo, si appianano quando i due si ritrovano nell’ascensore bloccato e scoprono di avere dei punti in comune. L’umanità vince nel finale. Tutto si sistema: la figlia di Bellavista ed il compagno di lei, architetto napoletano disoccupato, la parte è di Gabriele Giancola (che trova lavoro proprio grazie all’intervento generoso di Cazzaniga che si rivelerà “uomo d’amore”) possono partire per Milano per poi dar luce ad una creatura “mezza napoletana” e “mezza milanese” che dimostra come la vita che continua può riservare un futuro senza differenze di “razze”. Nella commedia, è stato ripreso anche il tema scottante della camorra fatta di gentaglia (il guappo è Silvio Di Sandro) che si crede coraggiosa quando ammazza gli innocenti, quando fa fallire i commercianti, quando costringe i ragazzi ad emigrare. La filosofia del professor Bellavista è ben chiara su questo punto e rivolgendosi al camorrista di turno gli chiede, pur non pretendendo una risposta: “ma vi conviene?”.
Silvia De Cristofaro