Carloforte. Appello a Mattarella: “siamo stati lasciati soli”.
“Illustrissimo Presidente, mi rivolgo
a Lei, con rispetto e fiducia incondizionata di un figlio verso il proprio
padre nel momento di maggior bisogno”
Inizia così la lettera che il sindaco di Carloforte, Tore Puggioni, ha inviato al Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, sabato 11 aprile.
«Sono il sindaco del comune di
Carloforte, unico centro abitato sull’ Isola di San Pietro, nell’estremo
sud-occidentale della Sardegna, un fazzoletto di terra su cui vive una colonia
ligure che, dal 1738, ha costruito una comunità orgogliosa e rispettosa delle
proprie tradizioni».
Il primo cittadino, dopo aver espresso la sua titubanza sulla decisione di
contattare il presidente prosegue presentando la sua terra e la gente che la
abita. Ricorda a Mattarella la storia che ha contraddistinto la gente di
Carloforte, popolo di mare avvezza a superare mille difficoltà.
«Noi Tabarchini (abitanti di
Carloforte n.d.a) abbiamo imparato a convivere con i limiti di una doppia
insularità: esser isola nell’ isola comporta numerose difficoltà e, proprio per
questo, ci sosteniamo l’un l’altro e affrontiamo le sfide della vita con
coraggio e determinazione. Siamo diventati una grande famiglia, una famiglia di
cui posso vantarmi, proprio perché ha dimostrato, nel momento più drammatico della nostra
storia, di sapersi unire in un unico abbraccio per difendersi dalla peggior
minaccia a cui si abbia assistito dal dopoguerra a oggi.»
Prosegue Tore
Puggioni:
«Carloforte, nel rispetto delle misure di
prevenzione, ha saputo dar vita a un’ampia rete umana di supporto alle fasce pi
deboli, agli anziani, ai bisognosi: è stato aperto con successo, un conto
corrente dedicato a raccogliere fondi per far fronte all’emergenza, numerosi
concittadini si sono messi a disposizione offrendo la loro collaborazione, le
nostre sarte cuciono mascherine di cui siamo totalmente sprovvisti, i volontari
della protezione civile locale e dei srvizi sociali non si risparmiano, i
militi della Croce Azzurra operano con spirito di abnegazione, affinacando i pochi
medici di un piccolo servizio di Soccorso Territoriale Medico dove si combatte
una lotta impari, con pochi strumenti e spesso inadeguati».
Il primo cittadino continua ad elencare le difficoltà del suo Comune:
«Sulla nostra isola non esiste un presidio
sanitario attrezzato e per raggiungere gli ospedali più vicini dobbiamo
imbarcarci su un traghetto e sostenere quaranta minuti di navigazione, prima di
sbarcare sull’isola madre».
Il Sindaco viene poi alla ragioni della lettera:
«Questa è la principale ragione della
mia missiva: proprio questo braccio di mare è diventato l’assurda e
inaccettabile scusante a cui è ricorsa l’ A.T.S. per non fornirci di una MIKE,
l’ambulanza medicalizzata attrezzata ad hoc per questa situazione. Infatti,
alla mia richiesta di averne una in loco, mi è stato chiaramente risposto che,
sebbene la direttiva 5.03.2020 punto 6.2.5 lo contempli, non avremmo potuto
disporne, il tratto di navigazione sarebbe troppo <<lungo e
penalizzante>> pertanto Carloforte con i suoi abitanti, residenti e non,
non avrà nessuna prima assistenza qualora si dovesse rivelare in solo caso di
infezione da Covid-19.»
Dopo altre righe, in
cui sono illustrati i pericoli della carenza, Tore Puggioni prosegue:
«Se dovesse riscontarsi anche un solo
caso di coronavirus, la ia gente sarebeb completamente abbandonata.
Signor presidente, Le scrivo con il cuore in mano. Le mie richieste sono cadute nel vuoto, ci siamo ritrovati abbandonati a noi stessi, come una nave in balia dei marosi, soli davanti a un nemico invisibile e veloce a propagarsi, lontani dalla speranza di salvezza.
I tabarchini sono persone forti, volenterose ma questo è un avversario infido e terribile, da soli non possiamo farcela.
Siamo una piccola cittadina, tutti ci conosciamo. Ogni carlofortino è, per me, come un fratello, un padre, un figlio e il mio compito, oggi più che mai, è proteggere la mia famiglia davanti a questo inquietante pericolo e assicurarmi che tutti, dal primo all’ultimo, abbiano almeno la garanza di un primo intervento di soccorso.
Non sopporterei di perderne nemmeno
uno senza avere combattuto con tutte le mie forze.
Come Sindaco rappresento la mia comunità e ho il potere di dare voce ai suoi
bisogni, ma, come uomo, come cristiano, ho una responsabilità ancora più
grande: il dovere di non lasciare nulla di intentato per aiutare il mio
prossimo.
Per questo ho vinto la mia titubanza: l’amore incondizionato per la mia gente e
per la mia terra mi porta a chiedere di ascoltare questa preghiera, affinché un
Suo autorevole intervento possa infrangere e superare il limite di quel
<<braccio di mare>> che impedisce di disporre di una MIKE, per noi,
faro acceso in una notte di buio e tempesta».
Ancor più accorata la parte finale: «Signor presidente, Lei è la più Alta Carica Istituzionale dello Stato ed è anche il padre di tutti noi italiani. La prego di non dimenticarsi dei più lontani di loro, i più isolati, che resistono asserragliati su un’isola, immensamente amata, ma lasciata a difendersi contro un mostro troppo grande da affrontare in solitudine.”
Seguono i saluti.
Abbiamo volutamente riportato ampi stralci della lettera anziché fare dei sunti e commentarla, questo per lasciare inalterati i toni e le parole. La solitudine del primo cittadino carlofortino è solo un esempio delle mille difficoltà in cui si sono ritrovati i sindaci della nostra “amata” Italia. Molte di queste storie non hanno avuto l’onore della cronaca, l’attenzione dei TG nazionali e i riflettori dei contenitori d’informazione. Tanti piccoli comuni si sono ritrovati a dover interpretare leggi e enorme, supplire a mancanze sanitarie e di organizzazione nazionali o regionali, quando non a entrambe. Ma sono queste storie, questi comuni, questi sindaci, questi racconti di solidarietà e amarezza che rimarranno tra le pagine di questi giorni che sono già storia, forse molto più che i proclami di politici in abiti firmati.
Antonello Rivano