Diario di un popolo in quarantena. Una bella pagina social al tempo del distanziamento sociale
Quando un gruppo su Facebook supera i 3.500 membri in poche settimane vuol dire che l’effetto futuro è assicurato. Oggi siamo qui a parlarne per intendere la causa di tale successo (quasi un miracolo, in questi tempi virtualmente saturi).
La pagina è nata il 12 marzo 2020, si prefiggeva lo scopo di accogliere note, pagine di vita, piccoli racconti di questo nostro tempo sospeso. Gli amministratori del gruppo Gianluca Cicco, Giuseppe Foscari e Michele Massa pensavano ad ‘un archivio delle emozioni, delle preoccupazioni, ma anche della creatività di donne e uomini al tempo del Coronavirus’.
“E mo me songo sfasteriata, quanno furnesce stu latuorno..chisto chiatillo nce stà atterranno” , mi piace iniziare con le parole di una signora, che chiameremo Anna, che si definisce napoletana verace; Anna pubblica quasi ogni giorno un post dedicato alla sua città, alle sue emozioni e ai suoi problemi. In uno racconta di un leggero malore del marito e delle sue preghiere per scongiurare un ricovero. Insomma, la signora Anna, “u’ Farfariello quanno se fa ‘e valigge e se ne va?”
Noi napoletani reagiamo alle difficoltà dando un nome di fantasia persino al terribile Covid19. Molti degli improvvisati scrittori di questa bella pagina vedono il sole dietro alle nubi e si immaginano liberi di rientrare nella normalità, stringono i denti, fanno le ‘spalle forti e vanno avanti.
C’è il racconto di un’infermiera che descrive, molto lievemente per la verità, i turni massacranti in ospedale e le notti di lavoro al capezzale dei malati, cercando di non perdere la speranza. C’è la figlia, immagino, che l’aspetta sveglia pur sapendo che non potrà né toccarla, né abbracciarla e si rifugia -triste- nelle pagine di questo diario virtuale.
Nei giorni terribili della disfatta di Bergamo ognuno di noi ha espresso, a suo modo, la tristezza e le ansie per una situazione che pareva, ormai, sfuggita di mano. La pandemia lascerà una ferita nel cuore di ognuno; non credo che si rimarginerà tanto presto.
Mauro scrive parole intrise di una malinconia struggente per la sua cittadina; ve le riporto “triste si presentava ai miei occhi, quel corso che ha sempre sentito una moltitudine di passi solcare sopra il suo manto…in quelle centinaia di metri, fatti per andare in farmacia, ho sentito che eravamo tristi entrambi”. Mauro prova a dirlo in poesia. Per esprimere la sua solitudine, nella terzina finale, riprende, nel ritmo, il celebre sonetto di Ugo Foscolo “Alla sera”: “ E così, ogni qualvolta che sento il bisogno,/ il mio animo ‘scende’ e va a ritrovare/ tutto quello che oggi non posso vedere”. Lasciamo Mauro mentre cucina un buon piatto di pappardelle con melanzane, pomodorini e rucola, nel silenzio assordante di un sabato che è “diventato un giorno qualunque”.
Scrivere dei nostri reconditi pensieri è difficile, tuttavia se dovessimo attribuire una qualità al ‘chiattillo’, che tiene in ansia il mondo, dovremmo probabilmente riconoscere che ci ha aiutato a guardarci ’dentro’ e a raccoglierci in meditata riflessione sul nostro ‘essere nell’universo’.
Costante fantastica di riprendere la bici e di ritornare a solcare le curve della sua amata costiera, immagina sé stesso con gli amici di sempre a ridere di niente davanti ad una tazza di caffè fumante accompagnata da un fragrante cornetto. Sogna la potenza della normalità. Quella della quale abbiamo bisogno tutti. Più avanti Costante scrive dello smarrimento, del dolore, del vuoto e della sensazione di essere ‘guscio senza gheriglio’.
A volte gli parla la musica, a volte il ricordo, a volte il cuore, che preme per lanciarsi oltre l’ostacolo, e che lo spinge a immergersi nella vita con un ‘lamento in meno e un’opera musicale in più’.
La nostra vita deve ancora trascorrere, deve ancora parlarci ‘assaje’ e noi dobbiamo onorarla ascoltandola. Costante ha ragione, stiamo a casa, presto ritorneremo in curva.
Maria Rosaria Anna Onorato