CONVEGNO ON LINE CON L’ASSOCIAZIONE “ACUE”. IL PUNTO SUL COVID-19
In data 23 aprile, una realtà associativa del 2017 che si propone a livello nazionale ed internazionale – pur se molto attenta alle esigenze del Meridione d’Italia – ha organizzato una videoconferenza supportata da un’apposita piattaforma social. La tematica verteva su “Azione Covid-19”, argomento di stretta attualità.
Il sodalizio è “Acue”, acronimo per “Associazione consumatori utenti europei”. Ne fanno parte molti professionisti, in vari campi e ambiti del sapere, che si prodigano per attuare iniziative utili alle comunità cittadine – in Italia e a livello europeo.
La videoconferenza è stata condotta e moderata dal giornalista Eugenio Caliandro. Tra i responsabili di questa associazione, presenti alla diretta: il professionista dottor Antonio Pepe – presidente nazionale “Acue”, ad iniziare e poi alle conclusioni; l’avvocato Cristina Surico – vicepresidente, a coordinare il Centro studi giuridici del sodalizio; altre personalità di questa associazione. Ne fa, inoltre, parte anche il legale sanseverinese Barbara Pascale – nel ruolo di coordinatore regionale per la Campania.
L’evento, visibile su Facebook, a partire dalle 18.40, è stato interessante e molto partecipato. In media quindici followers a seguire un dibattito pacato, educato, puntuale – con punte di diciotto partecipanti collegati. Ospiti del convegno “virtuale”, ma anche reale – in real time: Filippo Anelli, presidente della Federazione ordine dei medici; Rosario Antonio Polizzi, del Dipartimento di Scienze biomediche e oncologia umana all’ateneo di Bari; Daniela Pucello, urologo al presidio “Pertini” – Roma; il noto virologo, di fama mondiale, Giulio Tarro. In conferenza stampa vi sono stati interventi a cura di altri esperti, come Clelia Cassano (medico di Medicina Generale) e la virologa Daniela De Vito. Tra i cronisti di autorevoli testate giornalistiche nazionali – particolarmente on line.
La tavola rotonda è stata voluta dai membri di “Acue” per fare il punto della situazione sulle dinamiche sanitarie e sociali, amministrative, politiche (nel senso più nobile del termine) mutuate dalla presenza del virus, nel nostro Paese o in Europa ed altrove – è stata citata l’Africa. Si sono toccati vari tasti, nel corso dell’happening – della durata di due ore, intense e proficue. Ogni relatore ha trattato di un particolare “frammento” di questo sfaccettato tema, al centro dell’attenzione mondiale.
Tra perplessità e anche fiducia, sia pur cauta e ponderata: è stato questo, proprio, il caso del professore Tarro. Lo scienziato di origini meridionali, secondo molti: pluricandidato al Nobel per la Medicina, ha espresso un suo pensiero – appunto – fiducioso, ottimista ma comunque realista sull’utilizzo della sieroterapia per poter almeno sopperire al vaccino “universale”, che – è emerso dalla pacata conversazione (ricca di spunti, tra fattispecie mediche e/o legali) – non sarà pronto che tra molti mesi. Tra sperimentazione e immunizzazione. Ma la scienza non si ferma, non si arrende. È questo, anche, il senso del discorso di Tarro. Che ha esplicato come le nuove frontiere della Medicina moderna si sovrappongono alle ricerche immunologiche del passato.
Infatti, Giulio Tarro ha citato, al proposito, il suo “maestro” o mentore Albert Sabin e anche Pasteur – che ha dato nome dall’omonimo istituto dove si compiono studi specifici di microbiologia e infettivologia. Per lo scienziato messinese, laureatosi a Napoli, si deve puntare sul “plasma umano dei soggetti colpiti dal temibile Covid-19 o Coronavirus e poi guariti, per ottenere dati di una certa rilevanza”. Le ricerche, secondo il medico e anche da parte degli altri illustri intervenuti, devono coinvolgere anche “colleghi” cinesi e di altre nazionalità.
Il dibattito si è snodato e sviluppato anche su questioni più “pratiche”, se così possiamo affermare, di non secondaria importanza. Interessanti relazioni di natura preventiva e sul decisivo ruolo dei medici di famiglia sono state sviscerate e snocciolate sul “tappeto” … virtuale. Con tanti dati anche incresciosi, concernenti la morte di tanti, troppi sanitari (personale medico, paramedico e non). Ben 150 professionisti sono, purtroppo, deceduti in questi mesi di lockdown. Che dura, ormai, dai primi di marzo. Anche se molti casi, diversi contagi già si sono verificati nel mese di febbraio.
Sia i responsabili dell’associazione che i graditi ed illustri ospiti hanno espresso perplessità e dubbi sul come affrontare la “fatidica” fase due. Il secondo step che coinvolge – economicamente e socialmente – non solo l’Italia, bensì anche le altre nazioni. Alle prese con questioni di variegata natura. Il problema della sicurezza è stato ben messo in evidenza, all’attenzione di tutti gli operatori della stampa collegati virtualmente, soprattutto da parte dei medici e/o delle dottoresse che si sono occupati di Medicina generale. In tavola, grazie all’associazione di consumatori od utenti europei che ha indetto proprio questa convention seguitissima, i problemi e le questioni inerenti all’ospedalizzazione durante il tanto citato lockdown.
Con riflessioni, proposte ma anche dubbi e perplessità sull’argomento. Dall’alto dell’autorevolezza e della competenza dei relatori, non sono mancate note critiche sull’emergenza contro il Coronavirus. A partire dalla lentezza, secondo molti intervenuti, con cui tutto è stato affrontato. Sono state parole espresse e anche condivise dai convenuti, spesso spronati dalle opportune e pungolanti domande o richieste di chiarezza da parte dei giornalisti sul web. Il problema relativo alla incolumità dei “camici bianchi” ha poi lasciato il posto a discussioni di altro tipo. Ad esempio, è stato detto – tra ulteriori punti all’ordine del giorno, giustamente – che “Il contagio al Sud ha visto tutti più preparati, rispetto al Settentrione”. Ed è un fatto vero, inopinabile, oggettivo.
Noi cittadini del Mezzogiorno d’Italia siamo riusciti a rispondere meglio all’urgenza mutuata, veicolata dalla grave situazione. Poi il discorso è verso sulle cosiddette “Usca”, le Unità speciali di continuità assistenziale. Un concetto nuovo, riguardante l’assistenza domiciliare – con i suoi pro e i contro. Un acronimo spesso discusso, citato, sviscerato nel corso della diretta (che comunque è stata registrata, ed è andata in onda sulla piattaforma Zoom – facilmente accessibile e abbordabile). E via così, tra mille altri elementi di dibattito. Nel comunicato stampa di presentazione, la realtà di “Acue” ha spiegato di voler “accertare le responsabilità di enti ed istituzioni responsabili della gravissima situazione determinatasi a seguito del contagio da Covid-19”. Stigmatizzato il “forte ritardo rispetto a tutte le misure di prevenzione che potevano mettersi in atto” per “arginare e contenere il dilagare dell’emergenza sul territorio nazionale”. Da parte di tale associazione, assicurano i componenti, vi sarà una “articolata azione a tutela dei cittadini e soprattutto del personale medico, ospedaliero ed infermieristico”.
Si è parlato del “sottovalutare il problema della diffusione del Virus – sono le parole di Antonio Pepe, leader della realtà. Che spiega, all’inizio della propria prolusione iniziale, di aver intrapreso la sottoscrizione di un esposto alla Procura della Repubblica – nella realtà specifica di Taranto e/o della Puglia (per competenza). Si è invocato, infatti, il decreto legislativo 81 del 2008 – in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, più sono state evocate altre normative anche maggiormente recenti. Occorre dire, infine, che questo sodalizio ha al suo attivo altre iniziative. Ma soprattutto si pone al fianco dei cittadini europei, con assistenza e servizi mirati. Anche ma non solo di natura legale.
Anna Maria Noia