La focaccia genovese o “Fȕgassa”, quando il cibo diventa istituzione.
Dal racconto alla ricetta
Il racconto
“Era giovane e aveva un sacco di strade aperte davanti a sé: qualcosa sarebbe stato. Intanto, bisognava godersi questa inusuale e imprevista mattinata di pigro bighellonare e flàneur, approfittando del fatto che, malgrado si fosse in pieno inverno, la temperatura risultava eccezionalmente gradevole. Genova! Passando in mezzo agli splenditi palazzi cinquecenteschi di Strada Nuova, era arrivato, oltre la Meridiana, nella Strada Nuovissima, dove si era fermato a dare un’occhiata alle novità esposte nelle vetrine della Libreria Boeuf; poi, più oltre scendendo alle case dei Lomellini, diretto a Fossatello, era entrato in panetteria, dove aveva acquistato un pezzo di focaccia calda, Mmmhh…Genova!
Ora era fermo in piedi, fuori dal forno, e si gustava il tiepido profumo e sapore di questo semplice, ma goloso, cibo di strada, assaporando i bocconi croccanti vicino all’orlo e quelli più morbidi, nei punti in cui le dita del fornaio avevano compresso l’impasto, per fargli raccoglierete, in una piccola osai di piacere, una goccia d’olio e un grano di sale. Si chiese se fosse il caso di spingersi verso Santa Lucia, per bere un bicchiere di bianco…”
Questa è la più bella descrizione della focaccia genovese che mi sia mai capitato di leggere, ed è tratta dal romanzo storico “Il Mulino dei Botta Adorno” dello scrittore genovese Pier Guido Quartero, edito da Liberodiscrivere
La focaccia genovese o “Fȕgassa”
Trovarsi a Genova e non provare la sua celebre focaccia è come non esserci stati. Parliamo di un “cibo di strada” che è diventato un’istituzione, la colazione con la focaccia inzuppata nel caffelatte, o cappuccino, che dir si voglia, nel latte o, semplicemente, per accompagnare un caffè è doverosa. La Fȕgassa con un “bianchino” è l’antesignana (e l’alternativa naif) al moderno “aperitivo”; spesso ne è parte integrante.
Insomma un “cibo” a tutto tondo, che, pur nella sua semplicità, in Liguria, assume sfumature e particolarità locali. Come non andare con il pensiero alla focaccia di Voltri, con la ricetta originalissima del forno Priano, o quella di Recco con lo stracchino?
Apparentemente la Fȕgassa è un lievitato semplice, un pane schiacciato ricoperto di olio e sale. La Focaccia Genovese ha un colore tra il dorato e l’ambrato e non deve superare i 2 cm di spessore, si presenta morbida all’interno e croccante sui bordi e all’esterno, ben oliata, ma non unta, con alveoli in cui si accumulano l’olio e i granelli di sale grosso, almeno questo è il canone per i palati degli estimatori, che considerano la focaccia simbolo stesso dell’essere e sentirsi genovesi.
“In bellu tuccu de Fȕgassa”, un bel pezzo di focaccia, o ancora meglio “Ina slerfa de Fȕgassa”, dove il termine “Slerfa” deriva da una antica unità di misura genovese che corrispondeva a 1/8 di leccarda, che equivale a 150~200 gr. Per iniziare bene la giornata o, come suggerisce Alessandro Molinari Pradelli, esperto di enogastronomia della buona cucina italiana, “sorseggiando un buon bicchiere di «vino bianco secco, fresco di cantina, o rosato, di quello vero, dei vigneti di Ponente», non importa se all’ora dell’aperitivo o in pausa pranzo o per cena”.
Storia
È Luigi
Tommaso Belgrano, nella sua opera “Della vita
privata dei genovesi” del 1866, a dirci che già nel 1392
nell’inventario dei beni di un fornaio, si trovava l’indicazione “pala una
magna pro fugacis”, riferendosi cioè a una grande pala necessaria
per introdurre nel forno un prodotto forse non contenuto in una teglia, ma
cotto direttamente sul piano del forno. Probabilmente si trattava di una
spianata semplice e non troppo condita, probabilmente più simile ad un pane
sottile. Si racconta che, in età rinascimentale, fosse consuetudine mangiarla
perfino in
chiesa in occasione dei matrimoni, bevendo
insieme del vino nel momento della benedizione, tanto che, nel 1500, un vescovo
arrivò minacciare di scomunica alcuni frati se non si fosse cessato l’uso di
cibarsi di quella “frugalia” o “pitanza”, tanto appetitosa che i fedeli arrivavano a
dividersela persino durante le funzioni funebri. Risalgono sempre al Cinquecento,
le indicazioni riportate in alcuni documenti riguardanti i banchetti in onore
del neoeletto Doge che riferiscono proprio di una “fugase” nell’elenco
dei prodotti preparati per il banchetto dei festeggiamenti. Si deve però
arrivare all’Ottocento per essere certi di ritrovare qualcosa di veramente
simile all’attuale focaccia genovese.
La Ricetta.
Consapevoli che per gustare la vera focaccia bisogna recarsi sul luogo d’origine, abbiamo inserito, fra le innumerevoli che si trovano in rete, una ricetta il più possibile semplice, domestica, e che garantisse un risultato “accettabile”.
Quantità per 1 teglia da forno 40 x 35 cm |
Per l’impasto: 350 gr di farina manitoba 150 gr di farina 0 300 gr di acqua a temperatura ambiente 1 cucchiaino abbondante di lievito di birra secco (oppure 8 gr di lievito di birra fresco) 30 gr di olio extravergine 1 cucchiaino di miele 10 gr di sale fine Per la salamoia: 100 – 120 ml di acqua 2 cucchiai di olio + un pochino per la finitura 2 pizzichi di sale fine abbondanti 1 cucchiaio di sale grosso (per completare) |
Variante focaccia genovese con lievito madre: potete utilizzare 150 gr di lievito madre solido. Il procedimento resta invariato. I tempi di lievitazione si allungano un pochino.
Come fare la Fȕgassa genovese
Prima di tuttopreparate la biga, ovveroun preimpasto ottenuto miscelando acqua, farina e lievito in proporzioni tali che esso risulti piuttosto asciutto, unite 100 gr di farina (presi dal totale di manitoba e 0, miscelate insieme), 60 gr di acqua presi dal totale e il lievito. Impastate a mano, formate una pallina e incidete a croce
Coprite con una pellicola e lasciate lievitare a 26 ° (forno spento acceso da poco) per circa 1 ora e 1/2 – 2 h
Trascorso il tempo indicato, la biga avrà raddoppiato il suo volume:
Aggiungete nella ciotola della biga, il resto della farina, il resto dell’acqua, il miele. Impastate con frusta K dell’impastatrice oppure a mano, fino ad amalgamare tutti gli ingredienti, basteranno pochi minuti. L’impasto deve agganciarsi alla frusta.
Aggiungete quindi l’olio a poco alla volta e incordate*. Basteranno 5’ e vedrete, pian piano, l’impasto della focaccia genovese diventare elastico e staccarsi dalle pareti della ciotola. Potete procedere anche a mano. Infine aggiungete il sale e amalgamate bene. Formate una palla.
* Per incordatura si intende la creazione della maglia glutinica che consente all’impasto di trattenere al suo interno i liquidi; L’incordatura è quel momento in cui, mentre impasti, l’impasto si stacca dalle pareti della vasca dell’impastatrice e diventa una massa compatta. Quando raggiungi quel punto, devi smettere di impastare, perché ulteriore energia meccanica rischia di ottenere l’effetto opposto, ossia di rompere il glutine già formato.
Coprite con una pellicola e lasciate lievitare per almeno 3 h a 26 ° (forno spento acceso da poco). L’impasto deve triplicare di volume! in inverno ci vorranno 4 h in estate basteranno 2 e mezzo.
Prepararazione della focaccia genovese in teglia.
Rovesciate l’impasto lievitato su un piano di lavoro. Formate una palla. Lasciate riposare 10 minuti. Stendete con un mattarello l’impasto spolverato leggermente di farina, trasferite l’impasto steso in una teglia unta leggermente di olio:
Coprite con una pellicola e lasciate lievitare circa 40 minuti. Al termine del tempo indicato, stendete la focaccia genovese stirando i bordi e allungandoli fino ai bordi della teglia:
Coprite con una pellicola e lasciate lievitare 1 h. Al termine, l’impasto della focaccia avrà assunto un aspetto gonfio e riposato. A questo punto arriva il momento più importante, quello che caratterizza la Fȕgassa : fare i buchi!
Come fare i buchi alla focaccia genovese
Prima di tutto vi consiglio di procedere con le unghie corte, altrimenti si rischia di bucare l’impasto! Nel caso abbiate le unghie lunghe utilizzate le nocche delle mani. Spolverate di farina Manitoba la superficie dell’impasto e le vostre mani. Una volta realizzati tutti i buchi, controllate se ci sono rigonfiamenti, ripassate con le dita solo dove necessario.
L’emulsione della focaccia genovese: errori da non fare!
In una brocca inserite l’acqua, il sale e l’olio. Girate bene fino a sciogliere il sale.
Sembra una mole di salamoia enorme, e la prima cosa che viene in mente è: ne aggiungo meno! Fidatevi! Le dosi sono giuste! Versate l’emulsione sulla superficie della vostra focaccia genovese, ogni buco dev’essere colmo di salamoia:
A questo punto lasciate lievitare l’ultima volta la vostra focaccia genovese in forno spento a temperatura ambiente per circa 1 h e, comunque, fino a quando la salamoia si sarà dimezzata, perché assorbita. Aggiungete un altro filo d’olio e una spolverata di sale grosso
Cottura perfetta della focaccia alla genovese
Il forno dev’essere caldissimo a 250 °, infornate nella parte inferiore a contatto con il forno e lasciate cuocere senza aprire per circa 12 minuti. Ogni forno è diverso, quindi vi dico subito un trucco per non sbagliare cottura: potete passare al piano superiore la focaccia ligure quando vedete che sollevando l’impasto è diventato leggermente dorato sul fondo! Mi raccomando! Se non controllate vi troverete un fondo morbido e crudo.
Trasferite quindi la focaccia al piano superiore, dove dovrà cuocere per circa 10 minuti. Ultima pennellata di olio, accendete il grill e lasciate ancora qualche minuto.
Il vino
Da abbinare alla Focaccia Genovese, se vogliamo scegliere vini del Levante Ligure consigliato è il Bianchetta Genovese del Golfo del Tigullio, color giallo paglierino dalle sfumature verdognole, un giallo più o meno carico a seconda della zona di coltivazione. Al palato è fresco, asciutto e leggero. Viene prodotta anche la tipologia frizzante.
Intrigante l’abbinamento con un bianco delle Cinque Terre, morbido, nonostante la carica olfattiva, dal buon corpo e dalla buona struttura.
Spostandoci
invece a Ponente, come suggerito in precedenza da Alessandro Molinari Pradelli,
optiamo per un Pigato, profumo
pulito, elegante, aperto. Fruttato, pesca e frutti esotici, sentore di erbe
aromatiche. Vino con buona struttura, dal sapore sapido e persistente con
finale gradevolmente ammandorlato.
In alternativa un sempre valido Vermentino della
Riviera Ligure di Ponente
Fonti:
Pier Guido Quartero – Il Mulino Dei Botta Adorno, (liberodiscrivere)
gazzettadelgusto.it/
tavolartegusto.it/
Antonello Rivano
Ciao Antonello! grazie per la citazione, e sempre viva la focaccia genovese!