Silvia non c’è, la filosofia nemmeno

Festival della bellezza a Verona, ma a parlare di amore e filosofia ci sono solo uomini. Valanga di critiche

Per caso mi imbatto nel ‘Festival della bellezza’, Arena di Verona 11/19 Settembre.  Scorro velocemente i nomi dei convenuti, una sola donna Jasmine Trinca inaugura il festival con l’incontro dal titolo L’incantamento della sensibilità, riflessione sulla fascinazione della recitazione.

La platea è libera ed è ricoperta di sabbia, il pubblico è disposto a 360 gradi. L’anfiteatro diventa una moderna agorà, luogo di confronto e rappresentazione scenica in cui prende forma solo l’identità maschile. L’ideazione e la direzione artistica del progetto, voluto dal Sindaco di Verona, sono di Alcide Marchioro, direttore artistico del Festival della Bellezza e di Gianmarco Mazzi, amministratore delegato di Arena di Verona srl. Gli appuntamenti al Teatro Romano vedranno in scena protagonisti del mondo del cinema, del teatro e della letteratura, con attori, registi, critici cinematografici, ma anche scrittori, drammaturghi e filosofi. 

Non voglio far torto a Jasmine Trinca, che ha lavorato in pellicole importanti (La stanza del figlio, La meglio gioventù, La pazza gioia, Fortunata -tra le tante), ma il ruolo di ‘madrina’ del Festival sembra più un ossequio dovuto alle quote rosa che un reale omaggio alla sua carriera e alle donne. Con lei inizia e finisce il contributo femminile al Festival. Dunque le donne non sanno parlare (o non possono) di bellezza, di erotismo, di sesso, di seduzione e men che mai di filosofia. Sembra di sentire la voce tonante di Giovanni  Gentile che consiglia al Ministro della Pubblica Istruzione (tal Berenini, ma siamo nel 1918) di aprire cautamente l’insegnamento superiore  alle donne  che “non hanno e non avranno mai né quell’originalità animosa del pensiero, né quella ferrea vigoria spirituale, che sono le forze superiori, intellettuali e morali, dell’umanità, e devono essere i cardini della scuola formativa dello spirito superiore del Paese” (Athenet online, numero 17, settembre 2006, Unipi).

Jasmine Trinca

Siamo sicuri che sia così? Ho fatto una ricerca…eccovi i risultati.

La Beatrice dantesca è portatrice della grazia divina, corre a confortare Dante in preda ai dubbi sul suo viaggio. Lo ammonisce e lo guida; ed, infine, compie per lui il miracolo della ‘trasumanazione’; la sua trasformazione da umano in divino. Ancora Beatrice spiega al Poeta l’ordine dell’Universo come farebbe un eminente ‘retore’.  Nel V dell’Inferno Francesca racconta a Dante la sua triste storia di moglie malmaritata e, con parola pura, ci regala la famosa terzina sull’amore. Paolo piange sconsolantemente e non parla

Pia de’ Tolomei, morta per forza, con tono permeato di gentile femminilità, scuote Dante dai suoi pensieri, e lo invita a voltarsi per ascoltare la sua drammatica storia. In quel ‘Ricorditi di me, che son la Pia’ racchiude la sua vita tra Siena e Maremma. Dunque ha voce e ‘tiene’ la melodia lungo tutto il canto, malgrado pronunci poche parole.

Che dire poi della Laura petrarchesca e delle novellatrici del Bocaccio?  Laura infiamma l’animo di Francesco Petrarca al punto da indurlo a scrivere il più bel sonetto del suo ‘Canzoniere’: Solo e pensoso i più diserti campi. Nel Decameron di Giovanni Boccaccio le novellatrici sono sette, ad ognuna di loro è affidata una giornata. I loro nomi sono significativi e rivelatori del carattere e delle qualità che assumeranno nel corso delle dieci giornate. Si delinea, così, una struttura che mira a porre in luce i diversi atteggiamenti dell’animo femminile di fronte all’amore. Si tratta di donne che parlano, che invitano al racconto e che chiudono la sequenza narrativa con un ‘motto di spirito’.

Silvia…il vero enigma è sempre lei, capace di sconvolgere Giacomo Leopardi con passione superiore alla norma: la giovinetta «dai sedici ai diciotto anni che» – come leggiamo in una nota dello Zibaldone– «ha nel suo viso, ne’ suoi moti, nelle sue voci e salti un non so che di divino». Ancora ‘voce’, dunque.

Eugenio Montale e Maria Luisa Spaziani

Negli Ossi di seppia di Eugenio Montalela folata di vento vivificatore arriva con Arletta/Annetta, in un sospiro che scompiglia i capelli la donna concede al poeta di scendere a ciglio asciutto nel gorgo della vita. Nel 1933 Montale conosce Irma Brandeis/ Clizia, la donna discende le ‘alte nebulose’ per visitare i mortali. Con lucida intelligenza, che trapela dai suoi occhi di ghiaccio, é in grado di tenere in scacco la bufera della guerra. Irma/Clizia é portatrice di un messaggio di salvezza per tutti, non solo per pochi eletti. Nel 1949 il poeta conosce Maria Luisa Spaziani, la donna-volpe, la donnola delle fratte, capace, con la sua femminilità concreta, di incantare gli uomini. Alla donna-mosca, la moglie Drusilla Tanzi, spettano le pupille che sapranno guidarlo anche oltre il buio. Mosca, dalle ali di pipistrello, é in grado di condurre il nostro autore lungo il percorso accidentato della vita quotidiana.

Ah, dimenticavo, a Verona visse Giulietta Capuleti, di lei amiamo queste parole: “Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai innocente”

Al Festival della bellezza, senza rancore.

Maria Rosaria Onorato

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