Brasile, non solo Olimpiadi: la crisi politica e l’emergenza dell’odio fascista tropicale

Cosa c’è dietro il “golpe bianco” che ha deposto Dilma Rousseff? Il Brasile è nel pieno di una recessione che pare inarrestabile: aumento della disoccupazione, inflazione del real a due cifre, calo del PIL, una sofferenza economica imputabile al crollo dei prezzi delle materie prime di cui è esportatore. Da una parte il malcontento sociale di decine di milioni di ex poveri divenuti consumatori, che hanno vissuto una breve parabola da classe media durante gli anni del governo Lula (Luiz Inacio Lula da Silva) – rinviato a giudizio per “tentata ostruzione” nell’inchiesta sul grande scandalo dei fondi neri versati dalla compagnia Petrobras ai vertici del Partito dei lavoratori –, dall’altra le élite che usano ogni mezzo per riprendersi la scena e il potere. Nel mezzo il destino di tanti ancora senza voce.

Dopo le elezioni del 2014, con la riconferma del governo progressista, il Brasile ha iniziato a vivere alcune tensioni, provenienti da gruppi sociali (o classi), che si sentivano depauperate dagli ultimi programmi sociali dei governi del Partito dei Lavoratori (PT). Erano i ricchi, che storicamente hanno goduto di tanti privilegi, e che ancora cercavano di mantenere la stessa concentrazione simbolica e materiale del gran capitale. Nonostante una politica economica neoliberale, con alti profitti tra banchieri e imprenditori dell’edilizia e del settore energetico, la popolazione a basso reddito ha tratto beneficio dai programmi sociali – per lo più sotto la forma di sussidi –, ed ha avuto accesso agli istituti di istruzione tecnica e superiore (istituzioni pubbliche o private), in modo da vedere migliorate le proprie condizioni di vita, diversamente da quelle dei governi precedenti al PT. Pertanto, l’aumento dei posti disponibili in università pubbliche e private ha permesso l’accesso agli studi nei settori della sanità, scienze e tecnologia (sia a livello universitario che come post-laurea) e ha cambiato il modello, che tendeva privilegiare quasi sempre membri delle classi superiori e media. Le classi povere, di solito venivano orientate alle lauree per l’insegnamento, poiché come insegnanti percepivano bassi salari specialmente nelle scuole pubbliche. Nessuna contrarietà da parte delle classi ricche contro le lauree per l’insegnamento proprio perché i titoli erano rivolti ai settori privati di istruzione superiore, anche se meno redditizie rispetto ai corsi di medicina, scienze e tecnologie, attraverso il pagamento integrale o parziale degli studi grazie a programmi del governo. L’importante era che non venissero occupati posti nello Stato. Dal governo del PT, il numero di studenti delle classi popolari si è ampliato notevolmente ed è stato registrato in tutto il paese, sia nelle tesi di laurea sia sulla stampa e sui social network. A rappresentare questa situazione è riuscito il film “È arrivata mia figlia”, del 2015, regia di Anna Muylaert, sull’ingresso della figlia di una cameriera del povero nord-est povero in una università pubblica di São Paulo.

Nella situazione del film, c’è stato un autoriconoscimento popolare, che però ha aumentato tra i membri della plutocrazia l’avversione a quelli che emergono socialmente dal “basso”. È interessante sottolineare che la borghesia nazionale e la classe media non hanno gradito l’accesso delle popolazioni povere ai beni di consumo durevoli, non durevoli, semidurevoli nonché l’uso del trasporto aereo. Così il senso comune ha finito col considerare fastidioso che i poveri potessero ora accedere a beni che prima erano esclusività di classi dirigenti urbane o rurali e medie e ha dato origine a strane categorie che qualcuno ha voluto considerare come una specie di “dittatura comunista” in fase di costruzione da parte del governo PT. Cioè, le dinamiche di relazione di consumo sono state intese in gran parte come un modo “comunista” di distribuzione più equa della ricchezza, mediante un aumento del potere d’acquisto, che del resto ha dato modo di aumentare la produzione con beneficio più marcato per imprenditori e banchieri anziché per i consumatori stessi. È interessante notare che gli imprenditori cercano di creare campagne pubblicitarie sulla stampa nazionale sulle tasse ritenute alte in Brasile, che aumentano i costi della produzione per garantire l’esecuzione dei programmi sociali, mantenendo così le persone “che non lavorano” o “hanno il mestiere di fare i figli ” per aumentare ulteriormente le ” spese dello stato”. Il cosiddetto “Impostômetro“, un pannello digitale creato dagli industriali, viene mostrato in alcune città del Paese, soprattutto nelle zone di flusso turistico o accanto a entità aziendali allo scopo di far credere che le tasse siano dure sanzioni a carico dei ricchi. Ma questi ricchi non parlano mai dei benefici di esenzione o sgravi ed esoneri fiscali, che hanno loro consentito enormi profitti grazie proprio ai governi del PT.

Francisco Fagundes de Paiva Neto
Professore ordinario di Storia del Brasile, all’UEPB, Università Statale di Paraíba

Edlena da Silva Pinheiro
Professoressa di Letteratura, già ricercatrice all’UFRN,Università Federale di Rio Grande del Nord, Natal

Francesco Mazza
Attivista

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